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Indagine Covid-19 - Parte IV - diffusione nella bassa lodigiana: i dubbi sul depuratore

Indagine Covid-19 - Parte IV - diffusione nella bassa lodigiana: i dubbi sul depuratore

Autore: Inchiesta del direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 14/05/2020 08:00:29
Indagine Covid-19 - Parte IV - diffusione nella bassa lodigiana: i dubbi sul depuratore

Per combattere il nemico bisogna conoscerlo a fondo. Anche per tentare di arginare la diffusione del Coronavirus. Partiamo da un presupposto: le informazioni rese alla popolazione da parte del Ministero della Sanità parlano fondamentalmente di contagio per via aerea. 

Il contagio per via fecale è trattato in maniera secondaria. Ecco cosa si legge sulla pagina del sito del Ministero: In casi rari il contagio può avvenire attraverso contaminazione fecale” ma ecco che si aggiunge la frase: “Studi sono in corso per comprendere meglio le modalità di trasmissione del virus”.

Nella realtà dei fatti, il mondo scientifico cinese si interroga su un questione: se non sia maggiore la diffusione attraverso  la via fecale. Prendendo come termine di paragone la diffusione del Norovirus, che si diffonde maggiormente con questo tipo di trasmissione, l’ipotesi non è da considerare bizzarra, anzi.

In tal caso si ribalterebbe lo scenario, portandoci a dover riconsiderare tutta l’organizzazione dei piani strategici sanitari e per ciò che concerne il tipo di controlli e analisi da dover mettere in atto.

Ai tempi della Sars il mondo scientifico internazionale concordò su un punto: la diarrea è un veicolo di trasmissione da non sottovalutare, perché fu la causa del contagio nel 20% dei casi. A causa delle scariche di feci molli in pazienti che avevano contratto la malattia, un focolaio di Sars esplose a Hong Kong nel complesso residenziale di Amoy Gardens.

Portare le mani alla bocca o agli occhi, dopo una scarica di diarrea, è uno dei fattori di contagio, eppure non se ne parla in maniera diffusa.

Queste considerazioni sono importanti, perché attraverso esse emerge un’altra situazione stavolta legata alla condizione degli impianti di depurazione, che nel nostro paese non sempre rappresentano un vanto. Nel caso della bassa lodigiana, territorio in cui due comuni furono posti  in quarantena coinvolgendo circa 50.000 residenti, Lodi rappresenta un eventuale elemento di riflessione per aver subito, in un passato recente, uno scandalo legato alla cattiva gestione dell’impianto di depurazione: l’ARPA impose il sequestro a causa della rilevazione nelle acque di un tasso di escherichia coli 10 volte maggiore rispetto ai livelli consentiti per legge.

I primi rilievi sospetti emersero nel 2009, e il caso andò avanti tra prescrizioni e rinvii, fino ad approdare nel 2016 con le prime richieste di rinvio a giudizio. Tra le ipotesi di reato troviamo la frode in forniture pubbliche, il getto pericoloso e il danneggiamento in corsi d’acqua.

Il depuratore, dopo un sequestro durato una sola settimana, tornò in attività e la SAL procedette a effettuare i lavori atti a sanificare la situazione. Nel 2018, dopo aver ottenuto il proscioglimento per prescrizione, sono tornati a processo il Presidente, Antonio Redondi e il direttore generale Carlo Locatelli della SAL, Società dell’Acqua Lodigiana, per i reati di danneggiamento in corsi d’acqua e frode in servizio pubblico.

In considerazione del fatto che del Codiv-19 poco ancora sappiamo, possiamo anche presupporre che i sistemi di depurazione utilizzati non siano adeguati al tipo di agente contaminante. Perché è urgente una verifica in tal senso da parte delle autorità preposte ai controlli? Perché l’impianto riversa le acque nel canale Molina che le rigetta a sua volta nell’Adda. Questi flussi idrici sono poi utilizzati per l’irrigazione, con la conseguente diffusione incontrollata di agenti virulenti. E’ risaputo come la roggia Molina sia inquinata al pari di una fogna e si discute da tempo sull’urgenza del risanamento ambientale. Ecco un articolo pubblicato lo scorso 3 Febbraio su Il cittadino: Risanare la Loggia Molino costerà un milione e mezzo.

Un primo controllo per verificare se questa supposizione potrebbe essere corretta, dovrebbe partire dai tamponi rettali, l’unico sistema per comprendere se la percentuale di trasmissione per via fecale è più alta di quanto lo stesso ministero della salute abbia ancora considerato. Oltretutto, questo tipo di test è in grado di rilevare lo stato di contagio con maggior precisione rispetto ai tamponi orali, tanto che alcuni medici dell’ospedale per le malattie polmonari di Wuhan, città da cui sarebbe partita la diffusione del Coronavirus, consigliano di associare questo tipo di analisi quando quelle tradizionali rispondono con un esito negativo. Il motivo è semplice: il solo tampone orale può dare luogo a falsi positivi.

Il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie non ha dubbi: "Questo virus ha molte vie di trasmissione, il che può spiegare in parte la sua rapida diffusione” hanno dichiarato recentemente.

Non è tutto: Fang Li, un professore associato di scienze veterinarie e biomediche presso l'Università del Minnesota, di recente ha dichiarato che, sia nella prima fase dopo il contagio, sia nei casi di evidenza tardiva della malattia, l’agente patogeno permane nell’intestino dei pazienti. Effettivamente, gli organi più colpiti risultano essere i polmoni e il sistema gastrointestinale.

Alla luce di tutto questo, mi permetto di consigliare al governo di emanare urgentemente una serie di controlli sui depuratori e di inserire i tamponi rettali tra le pratiche sanitarie di controllo, in special modo nelle aree più colpite dal contagio. Potrebbe rappresentare una svolta nella soluzione di questa situazione dai contorni inquietanti.

©Tutti i diritti riservati. La diffusione è concessa esclusivamente indicando chiaramente il nome dell'autore e il link che riporta a questa pagina 

 

 

 


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