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La Gerarchia
La Gerarchia Dal greco ‘hieros’ (sacro) e ‘arkhê’ (comando) – da cui ‘hierárchês’ (letteralmente: Capo delle funzioni sacre) – la Gerarchia (‘hierarkhía’/’hierarchia’) è un ordine naturale e spontaneo, organico e differenziato, centripeto e piramidale. Un ordine politico, sociale, culturale, religioso e morale composto di qualità e di capacità individuali e collettive, nonché di dignità, di competenze e di responsabilità particolari che tende invariabilmente a manifestarsi, costituirsi e concretizzarsi dal basso verso l’alto, prendendo a modello la complessa ed innata armonia della disposizione cosmica. Agli occhi degli antichi Greci, infatti, il Cosmos (letteralmente: ordine, ornamento, mondo ordinato) era un ‘paradeigma’: un esempio da imitare. Era l’unico modello che fosse in grado di corrispondere alla complessità della natura umana, nonché di dare una forma organizzativa all’infinita varietà degli uomini (non dimentichiamo che gli uomini sono tutti unici, originali, irripetibili; e… complementari, se sono intelligenti!) ed all’indescrivibile variabilità e mutabilità dei loro imprevedibili ed imponderabili comportamenti. Per quei nostri antenati, inoltre, il Cosmos non era soltanto un modello di ordine, di razionalità e di bellezza che dall’esterno della loro natura era in condizione di colmare le insufficienze dell’assetto biologico che caratterizzava il genere umano nei confronti del mondo vegetale ed animale. Osservando e contemplando quell’ordine, quella razionalità e quella bellezza, essi avevano preso coscienza che il Cosmos poteva ugualmente essere interpretato come una proiezione ortogonale della loro medesima natura; mentre la loro natura, a sua volta, poteva parimenti essere comparata ad una riduzione ortogonale di ciò che essi stessi riuscivano a percepire e comprendere a proposito di quell’ordine. Quelle loro intuizioni o deduzioni, in fine, erano avvalorate dalla constatazione che sia la natura umana che il Cosmos erano fondamentalmente armoniosi ed equilibrati, in quanto, nei loro aspetti generali e particolari, obbedivano a delle leggi naturali che erano simultaneamente dinamiche, metamorfiche ed immutabili. Il concetto di Gerarchia, dunque – così come gli antichi Greci e Romani lo intendevano e lo praticavano – prendeva direttamente ispirazione dall’ordine cosmico: un Ordine, cioè, senza nessun tipo di allineamento geometrico; dove ogni cosa era al suo posto ed ogni posto alla sua cosa; ed all’interno del quale, la nozione di “centro” assoluto, indiscutibile e definitivo di tutto, non esisteva affatto. Era inevitabile, quindi, che – nel contesto della Polis o della Civitas – il ruolo di leader, di capo, di responsabile (‘hierárchês’/’praeses’ o ‘antistes’) fosse esclusivamente una funzione che era strettamente legata al settore di attività nel quale il personaggio in questione era in grado di eccellere o di dimostrare la sua particolare preminenza. Il leader, il capo, il responsabile, insomma, era semplicemente un ‘primus inter pares’ (primo tra i pari), a cui era stato affidato un mandato imperativo e ‘pro tempore’ (imperium). Era un normale cittadino (‘politês’/’cives’), cioè, che – essendo considerato, in un determinato settore della vita pubblica o privata, come il più abile, il più esperto, il più valido, il più capace e/o il più competente – veniva scelto ad hoc ed elevato ad una dignità superiore (‘primus inter pares’) dall’insieme dei ‘pares’ di una medesima ‘Koinonía’/’Socíetas’, per meglio permettergli di risolvere un problema specifico e contingente che assillava, in quel momento, l’intera società. Risolto il problema per cui quel ‘pares’ era stato momentaneamente eletto o nominato alla funzione di ‘primus inter pares’, era assolutamente normale che quel ‘primus’ restituisse spontaneamente il suo imperium e tornasse ad essere un normale ‘politês’/’cives’ (cittadino) o, se si preferisce, uno dei tanti ‘pares’ della medesima Polis o Civitas. Al sorgere di nuovi, eventuali ed imponderabili problemi all’interno della Polis o della Civitas, altri ‘responsabili’ venivano eletti o nominati tra i ‘pares’, per permettere loro – ognuno nel suo campo di pertinenza – di poter tentare di risolvere, con cognizione di causa, quei problemi che meglio di altri potevano essere risolti o eliminati con l’ausilio delle loro singole qualità, competenze e capacità. Sappiamo che cos’è diventato, nel tempo, il concetto di Gerarchia… Oggi, la “gerarchia”, nel migliore dei casi, può essere tranquillamente paragonata ad un ordine soggettivo ed arbitrario o ad una specie di ordine mafioso. Qualcosa, cioè, che viene esclusivamente dall’alto! Quell’ “ordine”, infatti – come possiamo ampiamente verificarlo in ogni attimo della nostra esistenza – ha invariabilmente tendenza a costituirsi ed a concretizzarsi a partire da un “promotore” o da un “leader” (quasi sempre, auto-designato ed, in certi casi, a vita!) che a sua volta – oltre a ritenersi sfacciatamente un “tuttologo”… – ha addirittura la pretesa di considerarsi al di sopra delle parti! All’interno di quel simulacro di “ordine”, colui che direttamente o indirettamente riesce ad impadronirsi di un qualsiasi parcella di autorità o di potere (o che si è semplicemente “inventato” un simbolo o una sigla, il nome di un movimento, di un’organizzazione o di un partito), tende soggettivamente ed arbitrariamente a monopolizzarlo a suo vantaggio ed a ridistribuirlo parzialmente, proporzionalmente e nepotisticamente, dall’alto verso il basso, ai suoi amici, sostenitori e “compari”, prendendo a modello (magari, senza nemmeno saperlo…) l’innaturale nozione di “gerarchia” che emerge dalla Bibbia (Esodo 18, 18-23) e che può essere senz’altro riassunta nella formula: io sono il Capo; tu, il Vice-Capo; tu, il Sotto-Vice-Capo; tu, l’Aiuto-Sotto-Vice-Capo, ecc. Conosciamo le caratteristiche essenziali di questo genere di “gerarchia”… Siccome la subiamo e la patiamo ogni giorno sulla nostra pelle, sappiamo perfettamente che la “gerarchia” del nostro tempo, è soprattutto fondata sulla spersonalizzazione individuale, l’appiattimento mentale, la relazione psico-drammatica e l’assoluta, indefettibile e servile devozione dei diversi e variegati subalterni nei riguardi del “Capo” o di colui che, per primo, si è arrogato il diritto di assegnare o di dispensare le diverse cariche dipendenti. Sappiamo ugualmente che l’ “ordine” che ne deriva e che ci opprime, non tiene mai conto delle eventuali qualità, competenze o capacità individuali del “leader” o dei suoi diretti e circostanziati “scagnozzi” a rivestire efficacemente o validamente gli incarichi che ognuno di loro pretende impunemente ostinarsi ad usurpare all’interno dei differenti campi di attività dei movimenti, dei partiti, delle organizzazioni o di qualunque altro ordine societario costituito. Stando così le cose, dobbiamo ancora meravigliarci o a lamentarci di essere individualmente e collettivamente costretti a vivere e ad operare all’interno di strutture societarie che – oltre a non riuscire mai a funzionare come dovrebbero – pretendono assurdamente perpetuarsi e seguitare ad imporre le loro indicibili prevaricazioni, attuando un costante ed insopportabile rovesciamento di principi e di valori naturali? Il post ha ricevuto 872 visualizzazioni |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/12/2024 03:25:41 |
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Cos'è uno Stato senza i cittadini? Nulla. Cosa sono i cittadini senza lo Stato? La risposta la conosciamo tutti, perchè lo Stato italiano palesemente, sta lasciando alla deriva la motivazione fondamentale della sua stessa esistenz