Teatro dei Conciatori: 'Lo stupro di Lucrezia' - recensione
Autore: Nostra inviata Susanna Schivardi
Data: 17/09/2016 10:11:22
Il Teatro dei Conciatori apre la stagione con uno spettacolo elettrizzante e fulmineo. Drammaturgia e regia di Luca De Bei, e con Federica Bern la sola protagonista che ci racconta attraverso la storia di cinque donne, il dramma del delitto di genere, se tale possiamo definirlo, il movimento discriminatorio nei confronti delle donne che in tempo e latitudini differenti si esprime con costanza e crudeltà, senza risparmiare vittime. Modalità diverse tutte con lo stesso fine, annientare la protesta, in veste femminile, o in generale tutto quello che contrasta con la mediocre rigidità del mondo maschilista e patriarcale.
La scenografia di Valeria Mangiò e il disegno luci di Nicola De Santis si definiscono attorno ad una cornice velata, un lungo scialle di tessuto rosso e qualche costume semplice di Camilla Marcelli, che non distraggono dal contenuto ma aiutano l'interpete solitaria a raccontarci una breve storia dell'umanità.
Si passa da Lucrezia, il leit motiv ispirato dalla tragedia di Shakespeare, lei vittima di uno stupro storico, per raccontare poi di Berta Caceres, attivista ambientale in Honduras, quindi Paola Clemente, bracciante italiana vittima del caporalato, per finire con due storie strazianti, di una bimba yemenita data in sposa a 11 anni - sfruttando in questo caso la frigidita' scenica dei burattini dietro un telo - e la storia di kiana Firouz omosessuale iraniana in fuga dal suo paese e in cerca di uno che le riconosca i suoi diritti. Il temperamento dell'attrice travolge con il suo monologo fitto e ininterrotto, con una resa scenica ricca di empatia e pathos, e una recitazione perfettamente calibrata, mai sbavata e mai eccessiva.
Il tono della voce costante e perentorio, una vera fiamma di ardore e pathos che si sprigiona in un'ora sul palcoscenico dove Federica Bern è davvero brava soprattutto quando dal palco scende e si siede in mezzo al pubblico, per fissare negli occhi gli spettatori e raccontare dell'attivismo cieco e ottuso in Honduras.
Un'onda gravitazionale che prende il pubblico per straziarlo e coinvolgerlo di fronte agli orrori di società che ancora condannano l'omosessualità, che distruggono la vita delle bambine costringendolo al suicidio, società così arretrate da non avere pietà nemmeno di fronte all'evidenza. La violenza e il coraggio femminile che ad essa si ribella sono un racconto fecondo e vivido in questo spettacolo che andrebbe visto e riproposto a scopo didattico. In scena fino al 18 settembre.
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