Caso Regeni: le terribili torture subite dal ricercatore italiano
Giungono nuove rivelazioni sulla morte dello studente italiano Giulio Regeni, trovato privo di vita lo scorso febbraio a Il Cairo, un caso discusso che merita attenzione , rispetto e verità.
Secondo quanto viene riferito dalla madre del giovane ricercatore “Il corpo di Giulio è stato usato come una lavagna”. Il ragazzo infatti sarebbe stato sottoposto a torture e l’autopsia svolta in Italia ha confermato le violenze subite .
Questo giallo continua ad infittirsi ed a rivelare risvolti dal volto sempre più cruento . Sarebbero quattro, forse cinque lettere, tracciate da una lama in cinque punti diversi sul corpo del giovane a documentare quanto asserito e apparso da subito evidente: nessun incidente. La Procura di Roma ha messo a disposizione dei genitori del ragazzo i risultati degli esami autoptici. Secondo quanto analizzato pare che il giovane sia stato torturato e seviziato per giorni.
L’autopsia è stata svolta dal medico legale Vittorio Fineschi che, in 225 pagine, ha descritto le sevizie subite dallo studente. Sul referto si legge: “Sulla regione dorsale a sinistra della linea si trovano un complesso di soluzioni disposte a confermare una lettera. Segni anche all’altezza dell’occhio destro, a lato del sopracciglio e poi sulla mano sinistra dove c’era una X. Segnalata anche una lettera presente sulla fronte”. In più sono stati individuati 5 denti fratturati, due scapole rotte così come l’omero destro e sia le dita delle mani che quelle dei piedi.
E’ previsto nelle prossime 48 ore un incontro a Roma tra il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, il sostituto Sergio Colaiocco, il procuratore generale egiziano, Nabil Ahmed Sadek, e dei i quattro magistrati che si occupano del caso. L’obiettivo dei magistrati italiani è quello di ripartire dall’ultimo incontro, che è terminato con un nulla di fatto, per arrivare ad avere riscontri concreti su chi e come ha causato la morte di Giulio.
Il Cairo nell’ultimo confronto aveva comunicato di non poter fornire i dati chiesti da Roma per motivi di sicurezza.
Questi dati sono ritenuti indispensabili dalle forze dell’ordine italiane che cercano di far luce su questo violento fatto che resta ad oggi ancora senza risposte.
Fonti giudiziarie hanno affermato che nei giorni scorsi l’università di Cambridge, rispondendo ad una rogatoria, ha inviato ai pm di Roma una serie di documenti. Regeni infatti si trovava a Il Cairo al fine di svolgere una ricerca per conto dell’università inglese.
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