Olimpiadi di Rio: cose di cui non si parla...
Dove finisce lo sport e inizia lo spettacolo? Scultorei e perfetti i corpi degli atleti di Rio 2016. Sulle passerelle delle gare e sui campi di beach o nelle piscine dei 100 metri, escono dalle gare a volte vincitori, altre sconfitti ma pur sempre divi.
Riempiono le pagine dei tabloid e le copertine patinate ne rappresentano l’apoteosi, sono i campioni del nuovo millennio che oltre a vincere medaglie, si meritano anche i like sui social. Passati i tempi dei Mennea e dei Berruti che scompaiono nell’eco di pagine scritte, oggi i Phelps e i Bolt giganteggiano sugli spalti di mezzo mondo. Ci ricorderemo del nuotatore Adam Peaty e delle sue flessioni volanti, mentre uscito dalle acque blu della piscina olimpionica Michael Phelps fa parlare di sé per il suo carattere chiuso e le vicissitudini tra alcool e droghe che lo hanno portato all’esclusione dalle gare fino ad un anno fa.
Rio 2016 significa anche i muscoli tesi e oliati del portabandiere di Tonga, Pita Taukatofua che ha vinto per la sua performance più di 80.000 like su Instagram. A conquistare clamore anche il giocatore di beach volley italianizzato Adrian Carambula, rimasto celebre per la sua skyball, una battuta che lancia la palla ad altezze stratosferiche per disorientare gli avversari. Non solo divismo e bellezza esposta sulle pagine facebook, infatti Rio 2016 ci ha regalato anche momenti memorabili come la gara dell’etiope Robel Kiros Hable, che nuotando nei 100 metri è arrivato ben 15 secondi più tardi dei suoi avversari in corsia.
Sulle piste sono esplosi grandi amori, come quello della tuffatrice He Zi, che ha ricevuto la proposta di matrimonio dopo l’argento al trampolino. Si è invece inabissata definitivamente la gloria della tuffatrice Nadezhda Bazhina, che è riuscita ad aggiudicarsi zero punti per essersi tuffata di lato e aver impattato l’acqua con la schiena. A Rio però abbiamo anche assistito a gesti di grande solidarietà agonistica come nel caso dei 5000 femminili, in cui la neozelandese Nikki Hamblin, finita a terra, si è portata con sé l’americana Abbey D’Agostino, ed entrambe si sono rialzate per arrivare insieme al traguardo. Immagini, foto, gossip che fanno il giro della rete, esaltando la gloria fino allo sfinimento e inneggiando alla grandezza o alla mediocrità pur di suscitare scalpore.
Eroi dello sport o vip da reality? Profeti della fatica o aspiranti miti del web? Che ne sarà della vertiginosa Simone Biles che con le sue capriole e i suoi volteggi in aria ha fatto girare la testa agli arbitri olimpionici e ai canali dei social, definendola la più grande atleta di tutti i tempi con un palmares da far invidia ad un campione a fine carriera. Nomi che sanno di eternità, volti che ripetono sé stessi milioni di volte con i click degli utenti, fino a perdere connotati umani e diventare robot. Quanto durerà la loro gloria plurimedagliata o la loro effimera notorietà per averci sorpreso e divertito? Sic transit gloria mundi, disse una volta un saggio, e forse, non aveva tutti i torti.
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