Recensione: Frida Kahlo al teatro della Cometa
In scena fino al 28 febbraio, al teatro della Cometa, lo spettacolo presentato da Alessia Navarro nelle vesti della grande pittrice messicana e i suoi co-interpreti Ivan Giambirtone, Claudia Salvatore e Giulia Barbone. Una storia lunga novanta minuti per raccontare la difficoltà di vivere di Frida Kahlo, ormai nota più per il suo amore sfortunato con Guido Rivera che per le sue doti artistiche. Lo spettacolo non delude ma non esalta nemmeno.
Diviso in varie scene, ciascuna ricalcata sul perimetro di alcuni dei quadri più famosi dell’artista, il dramma che ne viene fuori appare spezzato da un’interpretazione poco convincente in alcuni momenti, soprattutto quando si insiste troppo su quello che Frida ha scritto nei suoi diari piuttosto che sulla costruzione di una vera e propria trama. Troppa voce narrante e poca scena in questo spettacolo –racconto in cui l’intermezzo dei balletti per spezzare il ritmo scenico a volte sconcerta e non accompagna pienamente la drammaturgia nella sua evoluzione.
Frida viene ritratta in pochi momenti topici della sua esistenza frastagliata e fatta fondamentalmente di dolore. La musica e le proiezioni di visioni fantastiche e colorate sul palco e sulle pareti del teatro non si intersecano perfettamente nel corso del dramma, fanno da risvolto narrativo ma non collimano col messaggio che lo spettacolo vorrebbe far intuire. Non è biografia, non è sogno surreale e fantastico, non è monologo solingo e addolorato. Appare come un risultato in una via di mezzo tra frenesia e incapacità di raccontare fino in fondo la disperazione di questa donna che ha per tutta la vita combattuto contro il fantasma di un amore irrisolto, impossibile e malato. La sua infermità ci tocca forse più di qualsiasi altro fenomeno della sua breve vita, la vediamo più volte a letto o ferma con le gambe immobilizzate.
Pochissimo si calca la mano sulla sua vocazione pittorica, l’arte è un corollario esterno, un pretesto per raccontare la vita travagliata di una donna potente e bellissima, dotata di un fascino felino e pericoloso. Sicuramente un’icona che però in questo ritratto non emerge per tutta la sua forza ed energia intrinseca, rimane lì galleggiante e quasi ridicola, senza che un vero fremito riesca a percorrere lo spettatore.
L'articolo ha ricevuto 1888 visualizzazioni