Teatro dei Conciatori: 'Cibami' - con Tiziana Foschi - Recensione
Dal 3 all’8 novembre, tre atti unici di Stefano Benni e Cinzia Villari per l’interpretazione di Tiziana Foschi, accompagnata dalla chitarra di Piji. Cibami, tre storie brevi di amore e cibo che si intrecciano amaramente, perché il cibo è tale solo se fatto con amore ma a volte l’amore sfocia nella morte e allora il cibo è anche motivo di disperanza. Una suora che parla col Signore, una donna con la sindrome dell’abbandono che dialoga con i suoi amanti finiti nello stufato e trasformati in insalate russe, infine la storia mistica e favoleggiante di Rasputin e Sofronia, due cuochi diversissimi e nemici che finiscono per amarsi e fare una figlia.
La suora è una Tiziana Foschi densa e concreta, piena di smorfie buffe e incisiva. La donna abbandonata è triste, colpevole, omicida e combatte tutta la sua vita contro un pelo sotto il naso, capro espiatorio dei suoi inguaribili mali. Sofronia a Rasputin sono i protagonisti dello sketch più riuscito, perché i primi due sono troppo brevi e sfuggenti per dare respiro a immaginazione e brio. Sofronia vibra, vive, convince fino in fondo, ben delineata, tratteggiata nelle sue vesti da contadina del seicento.
Il racconto si espande, ci definisce i contorni e con esso la scenografia, ricca e colorata, dove Sofronia si muove con leggiadria e scaltrezza. Tiziana Foschi vive ovunque, nel palco, sopra gli spettatori, è un’arma da guerra, un caricabatterie inesauribile, un’energia scoppiettante.
La musica dolce che accompagna i racconti è scandita da tempi e ritmo vitali, il finale un po’ asciutto avrebbe potuto dilungarsi, per dare spazio alla fantasia di vagheggiare ancora un po’ prima di accomiatarsi dalle note malinconiche che, nonostante l’ilarità, la storia disperde di soppiatto qua e là.
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