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Immigrazione: stop ad aiuti in Eritrea senza democrazia
Fermare il flusso migratorio si può. Basta mettere in campo giuste strategie che aiutino le persone a crescere anche nel proprio paese o che gli garantiscano la democrazia. Una delle nazioni coinvolte in questa trasformazione è l'Eritrea, uno dei paesi che esporta il maggior numero di immigrati nel Mediterraneo.
Vittorio Longhi, giornalista italo-eritreo che conosce molto bene il paese del Corno d'Africa, ha lanciato una petizione su Change.org. il primo passo da fare, secondo Longhi, è quello di bloccare i fondi europei alll'Eritrea, fino a quando non saranno emanate riforme democratiche da parte del governo. Bloccare i fondi significherebbe bloccare circa trecento milioni di euro che l'Europa sta trattando con il governo africano per aiutare lo sviluppo. Il piano è in Commissione Europea e dall'altra parte c'è il governo eritreo in carica da 21 anni. Con lui anche don Mussie Zerai, sacerdote eritreo candidato al Nobel per la pace.
Secondo quando scritto dal giornalista, questa sarebbe una delle soluzioni che porterebbe il paese a cominciare un processo di riforme democratico, offrendo alla popolazione una possibilità di creare nel proprio paese sviluppo e lavoro. Per adesso, sul piano degli aiuti non si conoscono ancora le dinamiche che porteranno allo sfruttamento dei soldi elargiti dall'Europa. Non si sa come verranno gestiti e dove andranno tutti questi fondi. Si ignora anche se sul tavolo delle trattative l'Europa ha richiesto accordi sul rispetto dei diritti umani. Questo potrebbe essere un ottimo incentivo per evitare il grande flusso di immigrazione che parte dal paese del Corno d'Africa.
Nella petizione vengono chieste cinque misure da attuare e subordinare alla concessione di aiuti che partirebbero dall'Unione Europea: libertà per tutti quelli che sono detenuti in modo arbitrario tra cui figurano dissidenti e giornalisti, libertà di espressione e associazione, elezioni libere e democratiche a sistema multipartitico, inoltre fine del servizio militare obbligatorio e a tempo indeterminato, fine del lavoro forzato e di ogni trattamento abusivo, tra cui risulta la tortura.
Questo sarebbe solo il primo passo a cui l'Eritrea sarebbe portata, visto che il governo è responsabile della "sistematica, diffusa e grave violazione dei diritti umani". Ma la richiesta prevede anche una vigilanza da parte dell'Europa dei probabili accordi democratici messi in atto per ottenere gli aiuti dall'UE.
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