RAI: TRA DUBBI E REALTA' UNA TELEVISIONE DA RIDEFINIRE
Più che un progetto, sembra una scommessa, quella di rilanciare la Rai e donarle nuova identità. Se di nuova identità si vuole parlare. Servizio pubblico o televisione privata? Innanzitutto superare lo scoglio 150 milioni di euro, che, a conti fatti, non sono affatto pochi. Il presidente del consiglio Matteo Renzi vuole giocare con il fuoco e chiede alla Rai una cifra che porterà inevitabilmente a fare scelte drastiche.
E’ pur vero che l’assetto attuale della tv pubblica va necessariamente rivisitato, a cominciare dalle risorse interne sotto sfruttate rispetto alla quantità di risorse esterne che ogni anno, per clientelismi o per spintarelle politiche di vario genere, si affacciano su questo grande teatro che è la nostra tv generalista. Una massa esorbitante di ruoli non precisamente definiti, rendono la produttività zoppicante, tanto che le idee migliori finiscono per venire da lontano e nella fattispecie dalle società esterne che da anni offrono prodotti di buona qualità accanto però a prodotti spesso scadenti. E tutto con sperpero di denaro pubblico e forza lavoro accantonata.
A questo punto di svolta, i vertici si sono voluti interrogare, attraverso gli interventi di una intellighenzia attenta e formatasi sul campo, come è avvenuto lo scorso 23 giugno nella sede storica di Via Teulada 66, dove si è aperto un serio dibattito con lo slogan “100 parole e 100 mestieri per la Rai”. Iniziando da Luigi De Siervo, presidente dell’Adrai, rappresentante della dirigenza Rai che dichiara di non temere i tagli.
A seguire Lucia Annunziata, Bruno Vespa, Giovanni Floris, Andrea Camilleri e Giorgio Albertazzi, solo per citarne alcuni. Punto fermo lo definisce il Sottosegretario allo Sviluppo Economico Antonello Giacomelli “la Rai avrà la concessione del servizio pubblico radiotelevisivo per i prossimi vent’anni”. E proprio su questo, per un attimo, si son perse le certezze, quando, per coprire la cifra richiesta da Matto Renzi, la Rai ha proposto la vendita di RaiWay, prerogativa per continuare ad esistere appunto come servizio pubblico.
Lucia Annunziata e non solo lei, ha proposto l’unificazione delle tre reti in un solo canale. Che poi sia un solo canale di informazione senza intrattenimento o viceversa, un canale senza pubblicità (modello Bbc, tante volte nominata in questi giorni) o sovvenzionato dal canone, anche questo è da decidere. L’importante è che la Rai si ristrutturi in un disegno unificatore che veda reimpiegate le proprie energie e soprattutto le maestranze tecniche ed editoriali. Perché di questo si tratta. L’auspicio comune alle voci che hanno parlato in sala e che in maniera alternata si sommano alle opinioni correnti è che la televisione pubblica ricominci a sfruttare quelle potenziali sopite e impolverate da troppe interferenze esterne.
E’ cambiato il pubblico ed è inutile compiangersi in un malinconico approccio passatista, con uno sguardo sempre rivolto alla grandezza che fu. La rete va sfruttata, per i telegiornali, sempre più attuali, immediati, con un continuo flusso di notizie che infiamma l’etere e a cui stare dietro è diventato sempre più difficile. Un tempo si ascoltavano i notiziari in tv, si leggeva il quotidiano e solo alla fine si andava a sbirciare la rete.
Oggi avviene esattamente il contrario e questo non può essere sottovalutato da un servizio che d’ora in avanti non dovrà più deludere le aspettative. Se ne sono accorti coloro che fanno televisione ma anche coloro che la guardano, i telespettatori che si accaniscono su pay tv e offerta differenziata per settori.
Aggrapparsi alle vecchie glorie non funziona più, lo dimostrano i flop che fanno acqua da tutti i cavi, a partire dall’offerta dell’intrattenimento passando per i reality fino all’approdo malfermo della fiction, dedicata ormai solo ai santi, veri o presunti, in senso agiografico che, più che raccontare, immaginano un mondo senza appiglio alcuno alla verosimiglianza. Il pubblico ne sa certamente di più di quello che vogliono raccontarci, la televisione generalista che fa presa su una fetta troppo ristretta di persone, soprattutto anziani e affezionati pigri, deve combattere la sua battaglia più ardua, quella contro il web. In quella che potremmo definire la quarte fase di questo istituto, ne vedremo delle belle … o delle brutte?
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