Teatro Vascello: La Tempesta di W. Shakespeare - Dal 25 Febbraio al 16 Marzo
25 febbraio - 16 marzo 2014 LA TEMPESTA Regia di VALERIO BINASCO Musiche originali: Arturo Annecchino
Dopo il successo di Romeo e Giulietta (produzione Teatro Eliseo 2011, con Riccardo Scamarcio e Deniz Ozdogan) e quello de Il Mercante di Venezia con Silvio Orlando nel ruolo di Shylock a Verona, la Popular Shakespeare Kompany - nata con l'obiettivo di mettere in scena ogni anno un classico della letteratura shakespeariana con la motivazione di continuare a offrire al pubblico grandi testi - torna a Roma, per la prima volta al Teatro Vascello dal 25 Febbraio al 16 Marzo 2014, con uno dei testi più misteriosi e affascinanti del teatro mondiale, La Tempesta, con Valerio Binasco nel duplice ruolo di regista e del protagonista, Prospero. Per il nuovo allestimento di una delle pièce più 'magiche' di Shakespeare, appartenente alla sua ultima fase creativa - quella dei 'romances' in cui rielabora, in dimensione mitica e sacrale, le grandi tematiche delle tragedie e commedie precedenti - saranno in scena con Binasco gli attori dell'avventura iniziata nel 2011: Fabrizio Contri, Andrea Di Casa, Simone Luglio, Gianmaria Martini, Deniz Ozdogan, Fulvio Pepe, Roberto Turchetta. Al suo fianco, i collaboratori di sempre Arturo Annecchino, Sandra Cardini, Carlo de Marino e Nicoletta Robello.
NOTE DI REGIA Il grande successo che festeggia i nostri spettacoli ci dice che il pubblico ha ancora un incessante bisogno della magia del suo teatro. Shakespeare, per noi, è il teatro. Un teatro così grande che sconfina nella nostra vita, che ci rivela continuamente qualcosa. Il dono più grande che si possa ricevere da un artista, è la sua Vitalità. La vitalità è felicità per la vita. Shakespeare è questo. I nostri spettacoli scommettono tutto sul magico riaccendersi della Vitalità, e ogni volta che si cominciano le prove di un suo testo, veniamo presi e trascinati in una corrente di sentimenti e di rivelazioni, di cui poi ci sforziamo di essere i testimoni 'viventi' sulla scena. Quando ci riusciamo anche solo un po', ci pare di aver partecipato a una festa. La festa di essere vivi, qui adesso. Solo in quei rari momenti ci ricordiamo che facciamo il Teatro per essere felici. L'incessante capacità di Shakespeare di apparire contemporaneo, dipende dal fatto che nessuno ha mai saputo cogliere l'avventura di vivere con altrettanta semplicità , e potenza. L'umanità è sempre la stessa, da sempre. Non è mai cambiata. Da Omero a oggi siamo sempre qui, sotto il sole o nelle tenebre con le stesse paure, con gli stessi amori, con lo stesso cieco dolore, e con le stesse risate. E l'esperienza della vita è sempre quella, da sempre e per sempre. Shakespeare è il nostro cantore, e il nostro consolatore. Dipinge la nostra vita come se facesse parte in modo organico e perfetto della Natura stessa. Racconta le nostre luci e le nostre tenebre come se davvero tutti noi fossimo figli di Dio. E, pur con tutti i nostri difetti, ne fossimo degni. Personalmente, penso che Shakespeare sia un mago. L'umanità ha, da sempre, un disperato bisogno di maghi. Un bisogno così grande, che ogni tanto ne nasce perfino qualcuno. Di solito, sono artisti. Shakespeare è stato un mago dei più potenti. Dalle semplici tracce dei suoi passi, continuano a brillare incantesimi, a sbocciare fiori incantati. Noi siamo i suoi piccoli apprendisti stregoni che - al pari di Mickey Mouse in Fantasia - cerchiamo di raccogliere un poco di magia tra le pieghe del berretto del Maestro. Ogni volta che ci riusciamo, anche solo un po', ci pare di capire che l'arte di Shakespeare è stata donata al mondo per aiutare il pubblico a farsi più umano. Gran parte del fascino de La Tempesta dipende dal suo mistero. Cercare il bandolo della matassa è inutile. Meglio puntare dritti al cuore della matassa e perdersi. Qual è il cuore de La Tempesta? E' un dramma (malinconicamente) giocoso sulla fine della civiltà, sulla fine della vita e sulla fine delle cose in generale. Qual è la lezione per noi oggi? C'è solo da comprendere. E comprendere non è perdonare. È arrendersi. Alla fine, resterà solo l'eroismo degli arresi. E Prospero, con fatica, si arrende. Anche se, dicono, ha vinto. Prezzi: |
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