Bahamuth, Antonio Rezza in scena al Teatro Vascello
Provare a descrivere Antonio Rezza ed il suo lavoro è un esercizio di straordinaria difficoltà, come tenti di inquadrarlo ti scappa, ti sfugge, non si riuscirà ad affibbiargli nessuna etichetta. Tanto meglio lasciare a lui stesso e alla storica collaboratrice Flavia Mastrella l’introduzione di “Bahamuth”, secondo dei quattro appuntamenti che costituiscono “Antologia”, in scena dall’11 dicembre al 19 gennaio al Teatro Vascello.
“Un uomo stesso fa le veci del tiranno. E cede il passo all’atleta di Dio che volteggia sulle sbarre con le braccia della disperazione. E poi un nano, più basso delle sue ambizioni, che usa lo scuro per fare e la luce per dire. Si affaccia Bahamuth, l’essere supremo, che dopo breve apparizione si sottrae al tempo e al giudizio. Viaggiatori dell’anima con il corpo stanco, alloggiati come bestie a copulare nel grande albergo della carne mozza. Due giovani, vestiti di colore, assecondano con grazia il volere del despota fantoccio che abbandona la trazione orizzontale per farsi scorrazzare tutt’attorno invano. Le braccia del padrone, camuffate da proletariato, saltano a ritmo di una danza di classe. Editti a favore di chi non ha. Urla squassanti di chi non è.
Ma come Bahamuth sostiene il mondo, così le immagini si sovrappongono. E il gran finale, con i personaggi a fare la figura degli sguatteri mentre l’autore che li muove è il gerarca dalla lingua biforcuta. L’autore è il male dell’opera”. Tutto chiaro no?
Il resto è un’ora abbondante in cui il divertimento è la principale ma non unica sensazione generata nel pubblico. Chi già lo ha visto dal vivo sa che negli spettacoli di Rezza lo spettatore è “l’anello debole della catena”, come si concludeva un altro sketch peraltro non presente in “Bahamuth”: chi sta nelle prime file può attendersi veramente di tutto e se si tratta di una presa in giro come questa può anche pensare che gli sia andata bene.
E lui è bravissimo a sfruttare quest’ansia, tangibile più che mai in platea nella scena del “nano più basso delle sue ambizioni”. Quando la luce si spegne potrebbe riapparire ovunque, provocando imbarazzo nell’eventuale malcapitato preso di mira, tanto che nell’elenco di abilità del “piccolo” protagonista, ci sono quelle di “mettere pressione e disagio”. Ma se ti aspetti una cosa Rezza ne fa una seconda, poi una terza e così via, sempre diversa, sempre spiazzante. Per quanto sveli il meccanismo c’è ogni volta una variabile impazzita.
Una comicità surreale ma mai distaccata totalmente dalla concretezza del mondo contemporaneo e anche ogni porzione di spettacolo, apparentemente slegata da un contesto unico, segue un filo conduttore non solo per lo stile caratteristico, fatto di straordinaria mimica e modulazione delle voci, ma anche per un concatenarsi di situazioni e personaggi che si ripropongono quando ormai si pensa si sia voltato pagina.
E nella follia serpeggiano fra le righe temi attuali e profondi, dalle lotte sindacali contro lo sfruttamento dei padroni allo sterminio dei nativi americani, dall’invadenza del marketing – il fantomatico marchio di abbigliamento “Porfirio” – alla ricerca personale di Dio. E quando l’effetto delle risate svanisce rimane quella spia accesa nel cervello che conduce al messaggio finale, alla morale suggerita da Rezza: “Quando ti dicono di andare, devi rispondere ‘dove?’”.
Dopo “Fotofinish” (11-15 dicembre) e “Bahamuth” (17-22 dicembre) i prossimi impegni di Rezza al Vascello saranno “7-14-21-28”, dal 26 dicembre al 5 gennaio per arrivare alla chiusura con “Fratto X”, dal 7 al 19 dello stesso mese. Insomma, “fino al 19 gennaio siete emozionalmente coperti, dopo dovrete cercare qualcos’altro”.
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