Fenomeno emigrazione dal sud Italia. Napolitano chiede di contrastarlo
In 20 anni dal sud sono emigrati circa 2,7 milioni di persone e nel solo 2011, ad andar via, ci hanno pensato ben 114 mila abitanti. A riferirlo ci pensa il rapporto Svimez. I politici italiani, ad un tratto, dinanzi a questi numeri si sono fermati a riflettere, così tanto che Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica, ha dichiarato che questo fenomeno va contrastato.
Eppure non è un fenomeno nuovo. Non è accaduto negli ultimi tre o quattro anni, ma è stato un continuo evolversi in questi 20 anni. I giovani e i meno giovani, quelli che hanno superato la soglia dei 35 anni e che il mondo del lavoro e quello della politica non contano ormai più, non trovando altro lavoro, decidono di partire. Che importanza ha se hanno un diploma o una laurea, che importanza ha se andranno a fare l’impiegato o il cameriere. Contrastare l’immigrazione dei giovani dal Sud è un compito che dovrebbe spettare al Governo, ma ha costi salatissimi, che non si possono affrontare con la “crisi” che incombe.
Dinanzi alla crisi lavorativa e all’assenza di leggi che ne tutelino i diritti, queste persone decidono di partire, portando con loro un carico di responsabilità e sacrificio che i nostri politici sono ben lungi da comprendere.
Leggendo i dati ci si dovrebbe chiedere come mai nel solo 2011 il 25% dei laureati al Sud è andato alla ricerca della propria dignità al Nord e io aggiungerei anche all’estero, raddoppiando, in questo caso, il totale negli ultimi dieci anni.
Il Mezzogiorno sta pagando uno scotto che la politica non riesce a sanare. L’aumento delle aliquote, la carenza di vie di comunicazione adeguate e messe in funzione in tempi brevi o almeno nei tempi preventivati (guardiamo la Salerno-Reggio Calabria o la linea ferroviaria per Taranto, quella che passa per Potenza), l’alta infiltrazione delle mafie all’interno delle concessioni edilizie e nella politica, come dimostrano i tanti comuni sciolti dal Consiglio dei Ministri per infiltrazioni mafiose, ne rendono difficile la sopravvivenza.
Le aziende non investono al sud perché non c’è sicurezza nel loro lavoro e nemmeno adeguatezza delle vie di comunicazione e quindi meglio restare ai margini dell’Europa, dove il mercato da la possibilità di andare avanti e continuare a sopravvivere.
E poi, ad abbattere anche la voglia dei giovani al sud, è la consapevolezza che da decenni, ci si scontra contro un muro di gomma. Nulla evolve, nulla cambia, nulla migliora. E i giovani e i meno giovani, che si trovano ad assaporare per un attimo, la libertà di poter vivere una vita lavorativa degna, senza essere per questo sfruttati per uno stipendio, affrontano tutti questi sacrifici.
Un motivo, non da sottovalutare, è che la crisi, ormai, ha fatto mettere le mani ai risparmi dei cittadini del sud e questi, oramai agli sgoccioli, non possono più sostenere intere famiglie, composte da genitori e figli con prole a carico. Se prima si riusciva a sopravvivere con uno stipendio misero e l’aiuto dei genitori, adesso non ci sono più possibilità. Meglio partire, meglio cercare altri lidi dove poter vivere.
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