1968/2010: la contestazione infinita
All'epoca, la contestazione partita a metà degli anni '60 negli Stati Uniti, approdò in Europa, affermandosi con il "Maggio Francese".
I contestatori erano operai, studenti e gruppi etnici minori contrari a qualsiasi forma di Società dei Consumi basata sul capitalismo fondato sul Mercato ed il Denaro. All'epoca, era abbastanza frequente l'aggregazione spontanea in gruppi di rivolta. Ed il movimento fece trabballare non poco i Governi e la stessa credibilità politica a livello internazionale.
Diverse le strutture e motivazioni delle feroci proteste. Ad esempio negli Stati Uniti tutto si basò sulla non accettazione della Guerra in Vietnam, sfociando in una reale battaglia per i diritti civili e la società del capitalismo, la cosidetta "controcultura".
A tutto tondo, nel mondo, la protesta si batteva contro ogni tipo di autorità, spiazzando completamente un retaggio millenario in cui l'autorità veniva perpetrata non solo attraverso le istituzioni, ma anche all'interno dei nuclei familiari. Ai tempi, non era difficile trovare figli dare del "Voi" al proprio padre/padrone.
In maniera globale, ci si batteva per consolidare un principio di uguaglianza, una partecipazione realmente attiva delle cittadinanze alla vita politica e l'eliminazione di principi quali le discriminazioni razziali, l'oppressione sociale e l'estirpazione delle Guerre.
Il '68, fu l'anno al culmine di una lotta mondiale che sfociò in nuove teorie socio politiche, come il "nuovo comunismo" ben illustrato dal sociologo americano Charles Wright Mills.
La morte prematura del "Che" – Ernesto "Che" Guevara – nel 1967, non vanificò di fatto la battaglia intrapresa al fine di destrutturare il potere supremo degli Stati Uniti, che anzi definì la totale vittoria del Fronte Nazionale di Liberazione in Vietnam e sancì la totale sconfitta degli USA.
Fermenti. Sangue. Lotte. Battaglie. Rivoluzioni Evoluzioni.
Ad oggi, il mondo della cultura internazionale è diviso in due. C'è chi afferma che il '68 abbia contribuito ad apportare enormi migliorie alla società civile. C'è chi dichiara che nella realtà dei fatti il '68 abbia contribuito a distruggere la stabilità politica a livello mondiale.
Nel rapidissimo lasso di tempo di un decennio, strutture complesse vennero destrutturate, ma come spesso accade, senza porre rimedi e riforme concrete. Se è pur vero che il cambiamento sociale in qualche modo avvenne, è anche vero che i frutti sono ancora da considerare e riflettere.
Torniamo ai nostri giorni. Tempi di crisi nera. Politica sfregiata da scandali di ogni tipo. Governi che non rispondono alle esigenze della gente, a 360°. Vessazioni che si aggiungono alle pressioni sociali. Abbandono delle fasce deboli. Riforme che hanno il solo sapore di tagli ai finanziamenti nel settore pubblico. Finanziamenti concessi ai settori privati, sempre più spesso.
La gente mormora. Si indigna. Tenta velate proteste inascoltate dalle istituzioni. Se un tempo le manifestazioni aggredirono un mondo abituato alla sottomissione, oggi appare evidente che queste non sortiscono più alcun effetto riparatore ne mediatore.
I cittadini passano da un giorno all'altro da un taglio ad una riforma, in maniera del tutto schizofrenica. E' evidente il fatto che oggi come ieri, la popolazione rimane inascoltata, vessata, strizzata da un Sistema di potere che di Democratico nopn conserva nulla. Il fatto stesso che vengano utilizzati termini quali "Potere" "Leader" "Comando" la dice lunga sulla situazione reale del Paese.
A nulla valgono le tonnellate di spazzatura riversate nelel strade di Napoli e Palermo: quest'ultima appare come una città dimenticata dalle cronache, eppure bisognerebbe fare quattro passi per certe strade palermitane, per rendersi conto delle pari condizioni...
A nulla servono le grida di dolore dei terremotati d'Abruzzo abbandonati come altri terremotati di vecchia data, che ancora aspettano di vedere muri crollati sotto la speculazione ed il disinteresse totale di chi gestisce la nazione.
C'è chi si arrampica sulle gru. Chi si esilia volontariamente su un'isola per non perdere il diritto al lavoro. A tutto questo, le istituzioni non rispondono, voltano la faccia dall'altra parte. Togli dignità e lavoro ad un popolo, e gli avrai negato la libertà. Ma il popolo è stanco, e non più in grado nemmeno di reclamare a gran voce un diritto.
E allora? Dov'è la soluzione. Cosa accade oggi che ieri non era? Chi farà la differenza?
Pronta la risposta: i giovani. Ancora una volta, i giovani. A lottare per i diriti di tutti, giovani, padri e nonni. In una unica lotta che parte da una riforma dell'Istruzione troppo palesemente vessatoria per essere accettata di buon grado. Una riforma che puzza di imbroglio e non lascia spazio all'interpretazione prismatica.
La burocratizzazione all'ennesima potenza e gli enormi tagli a questo comparto, hanno fatto subito scattare proteste che sanno di sangue. Giovani in rivolta che dicono "No" alle differenze ed oggi come ieri, gridano "uguaglianza e dignità" per tutti.
E' una storia antica, ma che con lo spostamento di finanziamenti avvenuto lo scorso anno dalla scuola pubblica a quella paritaria, ha fatto insorgere ogni mente aperta contro un Sistema che mina sempre più il diritto alla Cultura e quindi il diritto alla libertà: sia essa di spirito o di opinione. Otto miliardi, tolti d'un sol colpo ad una cittadinanza ancora affamata di sapere, fortunatamente.
Il '68 alcuni dicono non sia mai finito. Altri che non è mai iniziato.
Io dico che il '68 è ancora qui ed ora. Era solo assopito. Ma eccolo riesplodere in un fuoco di passione per l'equità sociale. Per il bene comune. Per una speranza di vita che non può prescindere dal diritto allo studio.
Si parla di elezioni imminenti. Non so cosa accadrà, dopo. Non so chi salirà a governare il Paese e non immagino come si potrà rimettere a posto finanziamenti spostati o cancellati. Per ora, so solo che ancora una volta, saremo tutti grati ai giovani per aver espresso con forza una passione: quella di vivere veramente. Noi adulti, erediteremo il mondo che i nostri figli stanno combattendo per se stessi e per noi. Quarant'anni e passa di lotte per l'equità sociale: non male per una guerra tenuta nel silenzio dalle propagande dei Governi.
Finchè rimarrà immutata la forza e la voglia di partecipare attivamente, avremo speranza di un futuro migliore. Quel futuro che ancora tutti aspettiamo da sempre. Quello in cui ognuno potrà vivere degnamente del proprio lavoro, cervello ed anima.
Ancora oggi, è consentito a pochi.
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