Roma, teatro de' Servi: Il deserto dei Tartari - dal 27 al 29 Gennaio
La Compagnia dei Masnadieri e La Bilancia Produzioni presentano
IL DESERTO DEI TARTARI
LA FORTEZZA - MOMENTO UNICO PER TRE ATTORI SOLI
da Dino Buzzati
adattamento e riduzione Massimo Roberto Beato
regia Elisa Rocca
con Massimo Roberto Beato, Alberto Melone, Matteo Tanganelli
allestimento scenico Jacopo Bezzi/Marta Bencich
musiche originali Giorgio Stefanori
Dal 27 al 29 gennaio
Teatro de’ Servi
Dopo il successo riscosso la scorsa stagione, torna in scena dal 27 al 29 gennaio al Teatro de’ Servi, nell’ambito della “Stagione Fuoriclasse”, dedicata alla drammaturgia contemporanea, Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati, interpretato da Massimo Roberto Beato, che ne cura la drammaturgia, per la regia di Elisa Rocca, e con Alberto Melone e Matteo Tanganelli.
Nel testo “La Fortezza - Momento unico per tre attori soli”, Massimo Roberto Beato cura l’adattamento della vicenda del tenente Giovanni Drogo, narrata da Dino Buzzati nel “Deserto dei Tartari”. La drammaturgia di Beato e la regia di Elisa Rocca, collocano l’intero racconto nella stanza della locanda dove Drogo, malato, è appena giunto. Costretto suo malgrado, dal Maggiore Simeoni, a lasciare la Fortezza sotto assedio e inchiodato su una poltrona, mentre osserva fuori dalla finestra la sera e la notte incombente, Drogo rievoca l’intera sua esistenza, arrivando a domandarsi se essa poteva o doveva essere vissuta diversamente.
E’ in quest’ultimo attimo di lucidità che precede la morte che egli combatte la sua “vera battaglia”, anelata e cercata per tutta la vita come coraggioso atto di riscatto dalla mediocrità che lo circonda.
La regia affida alla drammaturgia sonora originale di Giorgio Stefanori e alle animazioni digitali di Marta Bencich (ispirate ai disegni di Buzzati e rielaborate da Jacopo Bezzi) il compito di evocare le diverse ambientazioni e sottolineare i passaggi temporali della vicenda che si snoda per più di trent’anni. In una scena scabra e priva di oggetti diventano così assoluti protagonisti i corpi degli attori, le cui partiture rigorose sono il principale strumento del racconto della perpetua e ciclica attesa che si consuma angosciosamente alla Fortezza.
Primo capitolo della “Trilogia degli sconfitti” – progetto di ricerca triennale de La Compagnia dei Masnadieri per indagare sulla generazione nata a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80 del’900 – Il Deserto dei Tartari offre l’occasione, attraverso il personaggio di Drogo, di riflettere sul destino degli ‘anti-soggetti’: coloro che seppur incapaci di adattarsi a un mondo di cui non comprendono e non condividono le regole, sono tuttavia destinati a viverci. Più o meno consapevoli di essere l’incarnazione di una cultura minoritaria, e inesorabilmente condannati al fallimento se tentano di opporsi all’arbitrarietà e inconsistenza della vita, questi personaggi riescono a realizzare il proprio destino solo nel momento in cui accettano di combattere, fino in fondo, la battaglia degli sconfitti: consci delle circostanze date essi ingaggiano, infatti, una costante lotta interiore, dagli esiti incerti, per tradurre in atti consapevoli gli ideali superiori di cui sono portatori.
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