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Stati Uniti d'Europa: il caso Huawei
L'Unione fa la forza. E' un antico proverbio comprensibile a tutti, lapalissiano, diremmo. Quanto più un gruppo è compatto tanto più si riescono ad ottenere risultati.
Questo proverbio ci è venuto in mente in riferimento a Huawei, la società cinese impegnata nello sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti, di sistemi e di soluzioni di rete e telecomunicazioni. Huawei spende 18 miliardi di euro l'anno in ricerca e sviluppo e, nelle tecnologie avanzate, è il fornitore più economico.
In Cina, nel 1987, il Pil procapite era di 225 euro, oggi è di circa 8.000 euro; treni superveloci, grattacieli, porti e autostrade completano lo sviluppo impressionante della Cina che si offre come fornitore di infrastrutture e investimenti a livello mondiale. La Cina è anche potenza militare.
Come è noto è in corso una guerra commerciale e tecnologica tra gli Usa e la Cina. Si tratta della tecnologia di quinta generazione, 5G, che nel campo delle telecomunicazioni permette una velocità e una quantità di informazioni rilevanti. La Cina controlla il 70% delle "terre rare", elementi fondamentali per l'industria tecnologica legata ai micro conduttori, cioè ai nostri computer, tablet e cellulari.
In questo quadro l'Europa è assente.
Non abbiamo una piattaforma tecnologica per le telecomunicazioni che sono appannaggio di americani, sudcoreani e cinesi. Occorrerebbe impegnarsi per sviluppare questo e altri settori ed è necessario uno sforzo unitario.
Cosa può fare da solo il nostro Paese? Poco o niente se non si unisce agli altri Paesi europei, ma qualcuno pensa ancora alla lira, quando gli Usa e la Cina hanno la loro moneta unitaria: il dollaro e lo yuan.
Occorrono gli Stati Uniti d'Europa, appunto.
Nei prossimi mesi il governo lega stellato dovrà decidere se collaborare con il resto dell'Europa o avviare uno scontro che non potrà che essere deleterio per tutti gli italiani.
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