Antonello Costa in 'Ridi Con Me' al Teatro Olimpico
Dal 26 al 30 settembre al Teatro Olimpico con Antonello Costa, lo spettacolo Ridi con Me, esilarante, divertente, lui un personaggio ormai noto nel varietà, da trent’anni sulle scene, iniziando con una gavetta lunga e difficile, sui palcoscenici di ogni teatro piccolo e insignificante per arrivare ad un grande pubblico come quello di ieri sera, la prima.
Con una compagnia composta da molti famigliari tra cui la sorella che fa da soubrette e ballerina, e attori, imitatori come Gennaro Calabrese, Gianluca Giulianelli e Giampiero Perone, il suo spettacolo si snoda attraverso brani noti, già visitati, e da altri innovativi e sempre originali. Antonello Costa può essere Tony Fasano, nostalgico degli anni ’70, oppure il maestro giapponese che propone un fungo come frutto dell’amore e invita la platea a cantare insieme, Don Antonino, un lunghissimo sketch in cui mafia e umorismo si intrecciano, nel quale emerge un bravissimo Gennaro Calabrese, talentuoso maestro del virtuosismo scenico e televisivo, che sa strappare risate ad ogni personaggio, dal calcio al cinema, dalla politica allo sport.
Con Giampiero Perone, Antonello Costa inventa un pezzo di teatro magnifico supportato dall’escamotage dell’equivoco, con battute frizzanti e mimica facciale persuasa di inventiva e spontaneità. Non mancano le improvvisazioni e la risata facile, come quella con Gianluca Giulianelli che palleggia con Costa in un umorismo trasversale privo quasi di battute, bastano i cenni, le mosse, la corporalità, l’accenno, per suscitare un riso irrefrenabile. Bersaglio i gay, l’omosessualità, la facile battuta su un tema che temporeggia ma non morde.
Meno brillante il biondo del Lungotevere, troppa romanità spiazzante, troppo romanesco ghettizzato e privo di spessore, un personaggio che non segna e non lascia di sé ricordo, con una cornice sciapa e senza mordente. Come anche l’intervento di Maurizio Battista, improbabile regista azzeccagarbugli, con sciarpetta e aria affaticata – quando mai Battista ha avuto quest’aria – con quel fare spocchioso e scostante, un intermezzo faticoso e stonato con il resto dello spettacolo, come un obbligo, un dovere richiesto ma non necessario.
Ultimo ma non meno importante il bellissimo connubio finale tra Charlie Chaplin e Michael Jackson, che cosa sarebbe successo se si fossero incontrati. Antonello Costa qui balla come Michael e la sua flessuosità sorprende, un artista a tutto tondo, che finisce il suo lavoro duro tra sudore e gioia, per strappare un sorriso in questa vita già tanto difficile, sull’ombra di un orizzonte lontano, con la bombetta inconfondibile di un precursore, di un genio inconfondibile come Chaplin. Con i ringraziamenti finali un omaggio doveroso al lavoro di luci e grafica, che hanno accompagnato questo spettacolo vivacemente, in modo netto e sorprendente come ogni varietà dovrebbe essere, leggero, fragrante, sincero.
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