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La questione (im)morale

La questione (im)morale
Autore: Editoriale del Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 11/05/2019

«I partiti non fanno più politica. Hanno degenerato e questa è l'origine dei malanni d'Italia”. Questo è quanto dichiarò Enrico Berlinguer, intervistato da Eugenio Scalfari per Repubblica il 28 Luglio del 1981.

Era il periodo storico in cui, nel nostro paese, il comunista Enrico Berlinguer sollevò la “questione morale”. Cosa diceva, in estrema sintesi, Berlinguer? Che il crollo del sistema politico dipendeva dal fatto che i partiti si erano infiltrati in tutte le pieghe istituzionali e nello Stato. Dagli enti locali, agli enti di previdenza, passando per banche, università, istituti di cultura, televisione pubblica e alcuni quotidiani nazionali.

Oggi si potrebbe pensare: “Cosa ci sarebbe di strano”? La risposta coerente è: “Tutto”. Col passare del tempo, questa invasione dei vari settori strategici per la popolazione è divenuta cosa talmente consueta da non lasciare ai cittadini la possibilità di comprendere un problema essenziale. La politica non deve controllare le istituzioni facendone parte, non deve essere presente in ogni settore nazionale, deve – semmai – operare affinché le istituzioni, le imprese pubbliche, gli ospedali, le banche, non deviino dal motivo per cui esistono: dare servizi ai cittadini. E’ questo il fulcro di una questione mai sanata e che, anzi, col passare degli anni è peggiorata.

Aver consentito ai partiti di appropriarsi della cosa pubblica, ha permesso una modificazione incoerente di ciò che i partiti avrebbero dovuto rappresentare per il paese: essere elemento di rappresentanza delle istanze dell’elettorato, essere portavoce delle questioni urgenti, essere – anche – titolari di un dovere: quello di lavorare per migliorare la percezione che, anche al di fuori dei confini nazionali, si ha del Bel Paese.

Invece no: già a inizio anni ’80 la situazione era catastrofica, tanto da far sentire impellente, al Partito Comunista presieduto da Berlinguer, di sollevare una questione complessa quanto prioritaria. La questione morale. Che consisteva nel prendere atto di come i partiti, ormai, pensassero solo ai propri interessi e non più a quelli dei cittadini che dovevano rappresentare. Bulimici di potere già circa 40 anni fa, mai arrestato il processo di sviluppo di questa tendenza – sarebbe stato necessario l’intervento della popolazione – ecco che si è assistito unicamente a un fatto: la situazione, sollevata da Berlinguer, si è incancrenita, al punto da arrivare ai nostri giorni, in cui si può parlare, semmai, di questione immorale.

Una piccola riflessione: negli anni ’80 l’Italia conobbe un periodo che sembrava di estremo sviluppo economico. Dopo la crisi degli anni ’70, a molti sembrò che le criticità sociali, ed economiche, che avevano prostrato buona parte della popolazione, fossero ormai cosa da relegare ai ricordi. Fu un grosso errore. Perché perdere il controllo della situazione, abbandonarsi a un benessere fittizio, fu l’inizio della sconfitta drammatica della classe media italiana.

Una manciata di anni dopo, ecco giungere l’inchiesta “Mani pulite”. Gli italiani scoprirono gli scheletri negli armadio di politici e industriali, pensando che  - col disvelarsi di amare verità – si stesse arrivando alla soluzione della questione morale. Nulla di più sbagliato. Dopo quell’inchiesta accadde l’opposto di ciò che si sperava dovesse accadere: i protagonisti della politica nazionale smisero di vergognarsi e di temere il giudizio popolare. 

Da quel momento, tutto fu reso noto. Tutto fu svelato, giorno dopo giorno, a una popolazione che, invece di reagire, si abituò man mano a questo metodo, non riuscendo più a percepire il criterio di limite alla decenza. Un po’ come inghiottire una sola goccia di veleno al giorno. Non muori subito. Non accade nulla di eclatante. Semmai, muori all’improvviso, quando ormai non vi è più nulla da fare.

Oggi assistiamo a qualcosa di paradossale: i partiti ormai hanno preteso di imporre il potere in ogni dove. Nulla che faccia parte della nazione sfugge al controllo dei partiti politici, che si dividono la proprietà di ciò che avrebbero dovuto – semmai – contrastare con le azioni più opportune alla tenuta economica e sociale.

Di contro, ogni giorno apprendiamo di qualche nuovo atto di corruzione, qualche nuovo scandalo in seno agli ambienti politici. Il caso Lombardia è l’ultimo, ma solo in ordine di tempo. Il potere di poter decidere su ogni argomento, attraverso l’accettazione di leggi chieste dai gruppi di pressione, è uno dei noccioli della questione immorale che aggredisce questa nazione.

Dagli anni ’80 a oggi, siamo giunti a un sistema che può esser denominato solo in un modo: “Politica immorale”. Che pensa solo a se stessa, essendosi scollegata totalmente dai motivi fondanti del sistema partitico, e che ora è giunta al paradosso: i ministeri sono controllati da chi presiede il governo ed è, contemporaneamente, capo di partito. Accade da diversi anni e pochi, tra la popolazione, osservano questo fatto come un’aberrazione. Il problema di fondo, a mio parere, resta sempre lo stesso. Manca un elemento fondamentale. Il controllo di quanto accade da parte della popolazione.

Quando Gaber cantavaLa libertà non è star sopra un albero/ Non è neanche il volo di un moscone/La libertà non è uno spazio libero/Libertà è partecipazione” intendeva proprio questo.

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Data:10/08/2013
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