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A Francoforte non c’é festa. A dire il vero, siamo abbastanza sul deprimente. Venerdì 1 giugno, la Banca Centrale Europea (BCE) ha festeggiato il suo ventesimo anniversario. Ci sono ancora sei mesi, entro i quali questa istituzione spera che il 2018 sia marcato da una solida ripresa economica. E che il calo della disoccupazione ridia fiato al morale degli europei. E che la ripresa congiunturale le permetterebbe di tranquillamente ritirare le sue misure eccezionali, mentre Berlino e Parigi progredirebbero insieme verso una maggiore integrazione in zona euro. Ma l’assottigliamento economico non é durato. Da qualche settimana, la crescita dà dei segnali deboli. Berlino e Parigi avanzano con difficoltà. E l’Italia, che sta per essere governata da un intoppo populista euroscettico, mette di nuovo la zona euro di fronte al suo peccato originale. Cioé che non é una unione monetaria completa. In un certo modo, é come una sedia a cui manca una gamba: in equilibrio precario. Rischiando di vacillare alla prima scossa. La prossima, é possibile che venga da Roma. Quando la BCE é nata, il 1 giugno 1998, questo disequilibrio iniziale era pari. Quello che é tale nel cuore stesso della costruzione europea, con l’integrazione economica che prepara il terreno all’integrazione politica. I Paesi membri stavano per condividere la sessa moneta, l’euro, introdotta poi nel 1999. Essi avrebbero forgiato in seguito le istituzioni politiche, incarnando la propria convergenza. Ma niente é andato come previsto. Le capitali non erano ancora pronte a cedere un po’ della loro sovranità a vantaggio del livello comunitario. Soprattutto: la crisi del 2008 si é fatta sentire. L’euforia, la crisi, poi la ripresa Alla fine delle possibilità E la BCE sarà condannata a condurre una politica che non conviene veramente a nessuno dei Paesi membri. Gli Stati del Nord, Germania in testa, la giudica troppo lassista per le loro economie. A Sud, la si accusa di essere troppo dura. Non c'è da stupirsi, quindi, che l'euro e la BCE siano regolarmente criticati da Roma, Atene o Berlino. L’ultimo sondaggio della Commissione europea, fa sapere che il 47% dei cittadini della zona euro non sono soddisfatti. Ovunque si manifesta lo stesso lassismo. Una grande fatica, dopo anni di crisi. E anche a Francoforte. Dopo essersi impegnata coi mezzi a disposizione per salvare l’euro e sostenere la crescita, la BCE é oggi alla fine delle sue possibilità. Essa é sul punto di mettere un termine ai suoi acquisti di debiti. Anche se la ripresa non é eclatante, anche in caso di nuove tensioni sui debiti, la Germania rifiuterà che il programma sia prolungato. La fine di un’era si avvicina. Quella di Mario Draghi, il cui mandato scadrà a ottobre del 2019. Il nome di chi lo sostituirà é già oggetto di un grande mercato politico tra i dirigenti europei, con risultati incerti. Da aprile, Draghi ha risposto alle domande di studenti europei sul futuro dell’Europa. Secondo lui, le sfide che ci attendono, come quella sul cambiamento climatico, si potranno gestire solo se si va verso una maggiore integrazione. “A livello razionale, sappiamo che dobbiamo andare avanti in questa direzione”, ha detto. Prima di sottolineare che la violenza della crisi ha suscitato un movimento di reazione su se stessi da parte dei Paesi, caratterizzato dalla crescita del populismo. Difficile, in queste condizioni, essere ottimisti per il futuro dell’euro… |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 22:58:06 |
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