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La scrittrice Chioccia ed il Capitano

La scrittrice Chioccia ed il Capitano
Autore: Anna K. Valerio
Data: 10/11/2007

 

La scrittrice chioccia e il Capitano

 

 

“Un uomo alto, ben vestito, leggermente abbronzato, esce dal cancello di una villetta con giardino. Il suo atteggiamento superbo e orgoglioso dice: Io volo alto e vi vedo piccoli e insignificanti, voi volate basso e prendete il filo d’erba per un albero, siete penosi. I primi a fargli pena sono i suoi stessi avvocati che, sudati, affaticati, inquieti, gli si muovono attorno con l’aria provata.
 
Lui no, lui è olimpico nella glaciale sicurezza: chi sono questi insensati che pretendono di giudicarlo in nome di cose che non hanno nessun interesse: uguaglianza e democrazia? Lui si è comportato da uomo: ha combattuto con lealtà una guerra dura, dalla parte di un grande capo che stava per conquistare il mondo intero. Se poi è caduto lo si deve al fatto che l’aristocrazia del pensiero e dell’azione è stata schiacciata dal numero dei suoi avversari, volgari e inferiori, ma superiori di numero. Questo rivela la sua faccia scocciata. Sto parlando di Erich Priebke e dei suoi privilegi. Inspiegabili nei riguardi di un uomo superbo che non si è mai pentito, non ha mai chiesto scusa.”
 
 
Così dattiloscrive, risentita e chioccia, Dacia Maraini, ex madame Pincherle, in uno straordinario articolo d’opinione sul Corriere della sera. Straordinario perché è rivelatore di un mondo, quello che ha vinto la guerra, quello nemico di chi ha perso la guerra.
 
 
Pensate che mondo! Il mondo degli umili rabbiosi, di chi ha in odio la categoria di eccellenza, di chi ignora quanta umanità profonda stia nella fierezza, quanta potenza buona nella fedeltà, quanta bellezza nella distinzione, quanta giustizia in un nichilismo correttivo. Il mondo di chi vorrebbe un mondo topesco, di chi si batte il petto e si lacera le vesti a ogni peccato di orgoglio, a ogni tentazione di superbia, il mondo di chi vuole la tolleranza del vile e del vigliacco, che raccomanda e propizia l’esito cattivo, per “non suicidarsi di nostalgia e rimpianto” al pensiero di chi davvero fu, è, grande, elevato, differente.
 
 
Il mondo delle ipocrisie populistiche, delle ruffiane retoriche pietistiche, il mondo che ha dato la democrazia alle masse come un gingillo autoerotico che le distragga, tanto i giochi del potere li fa il denaro, e la pubblicità ch’esso permette e la disponibilità all’inganno degli aspiranti tribuni della plebe. Un mondo tutto inganno, sfuggente, vile, disponibile a ogni tradimento, in primis il tradimento di sé stessi che è il pentimento. Un mondo brutto e di brutti. Un mondo storpiato e di storpi (nell’anima, nel contegno, nelle posture fungibili che prendono).
 
Un mondo caotico, che vorrebbe fare del caos una meta rispettabile. Un mondo che non tollera nemmeno che gli si ricordi la sua impotenza più dolorosa: quella di nulla potere contro l’esistenza assoluta e ineludibile dei ranghi. Quella di non poter rimuovere l’esistenza di quella cesura nel tempo, contro il tempo, che furono i fascismi.
 
 
Quella di non poter torturare vivo e costringerlo ad abbassarsi il bel Capitano, che rispetta sé stesso e, in sé, l’avventura umana. Quella di non potergli strappare dal cuore l’onore, il valore, nemmeno se gli strappassero le carni a brandelli, nemmeno se lo sprofondassero nella cella più buia. Anche lì, il nobile cuore del Capitano splenderebbe delle virtù della luce e sprezzerebbe la vana petulanza delle tenebre. Onore a lui! Onore ai differenti!

 

Anna K. Valerio (www.cultrura.net)




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