Dal 22 al 31 maggio 2018 Fondazione Cineteca Italiana propone in esclusiva presso il Cinema Spazio Oberdan a Milano, il film NO PET - Liberi e randagi di Davide Majocchi, che indaga con passione e preoccupazione sui concetti di “randagismo” e “libertà” degli animali, un tema tra i più discussi e controversi della società contemporanea.
Il regista Davide Majocchi è un’attivista per la liberazione animale, e ha condiviso la sua vita con i cani sviluppando un patrimonio di esperienze e conoscenze fuori dal comune.
Il documentario intende approfondire lo status dei cani randagi attraverso una messa in scena ironica e brillante, svelando i meccanismi che portano alla rappresentazione degli animali randagi come “bisognosi di cure”, e, per estensione, dell’intervento dell’uomo, smascherando l’arroganza con cui l’uomo, da sempre, si intromette nel libero compiersi dei cicli naturali.
La proiezione del film è l'occasione per proporre al pubblico numerosi incontri sul tema insieme al regista Davide Majocchi, e agli autori Guido Guerzoni(Pets – Come gli animali domestici hanno invaso le nostre case e i nostri cuori - Feltrinelli, 2017), Massimo Filippi (Questioni di specie - Eleuthera, 2017), Marco Reggio (Animali in rivolta - Mimesis, 2017) e con Giona Vinti, autore delle musiche del film, che proporrà un concerto live.
Seguendo lo schema d'intervento dettato dalle istituzioni, gli stessi "amanti dei cani" inscenano una repressione sistematica a danno della specie che più da vicino si è coevoluta con l'umanità: ogni cane deve essere accalappiato, sterilizzato e confinato ad un'esistenza nei box del canile o nelle gabbie dorate delle nostre proprietà abitative, perdendo la possibilità di confrontarsi all'interno delle proprie comunità. La massiccia azione protezionista, nel porsi unitamente contro il fenomeno del randagismo praticando la “caccia al randagio”, ha stretto un paradossale sodalizio con coloro che intendono ripulire le strade da ogni categoria d'indesiderati, decretando il trionfo del possesso individuale ed una conseguente rimozione pubblica collettiva.
La tendenza massificata al controllo delle vite dei cani (dalle nascite selezionate negli allevamenti, alle "dolci" morti indotte nelle cliniche veterinarie specializzate) fa registrare un implemento del loro status -qualora risultino di proprietà- che si lega a doppio filo alla crescita degli interessi della fiorente industria del “pet”.
Il risultato è che i cani -così come le altre specie animali rese "domestiche" – vedono ridursi progressivamente gli spazi fisici e mentali dati dalle possibilità dell'autonomia, per diventare oggetti del controverso sentimento umano. I padroni, dal canto loro, finiscono per incarnare il ruolo del gestore più o meno responsabile, alla ricerca di una compagnia che colmi vuoti affettivo-relazionali imputabili ad una sostanziale mancanza di socialità allargata. Eppure i randagi continuano a resistere e a suggerire, ad occhi attenti e solidali, una profonda riconsiderazione dell'organizzazione sociale umana, evidenziando un epocale problema politico laddove le civiltà antropocentriche pongono le fondamenta dei propri valori autoreferenziali. Uno sguardo curioso e complice su sfuggenti scenari di libertà che sfidano l'immaginario moderno del cane per come è stato, nei secoli dei secoli, costruito.
Le riprese effettuate fra Puglia, Sicilia e nel resto del mondo inquadrano animali di ogni genere e razza e si intrecciano a stralci d’interviste all’educatore cinofilo Michele Minunno, all’attivista/scrittore Fabio Santa Maria dei Troglodita Tribe, alla ricercatrice universitaria Susan McHugh e all’operatore antipsichiatrico Giuseppe Bucalo. Gli intervistati indagano i concetti di “randagismo” e “libertà” degli animali con passione e preoccupazione su un tema tra i più discussi e controversi della società contemporanea.
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