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Un menestrello arzigogolato, con la barba lunga e un codino malandrino, abito scuro con cravatta colorata, sagace, bislacco e scanzonato, ci propone un Claudio Morici in 46 tentativi di lettera a mio figlio,inedito e a metà strada tra Queneau e Kafka, saltellando da un senso della vita alla difficile vita dei residenti di San Lorenzo, in un tentativo disperato di scrivere la cosa giusta a suo figlio che ha 3 anni ma che dovrà comprendere, prima o poi, la separazione dei genitori. Padre, amico, confidente, impacciato, non sempre preparato, appesantito e maltrattato, Morici è un padre affranto, solingo sul palco, lui e il suo microfono come fosse un compagno di vita, e con intermezzi dell’amico di una vita che lo canzona perché da quando è diventato padre non si fa più sentire. Intorno a lui una serie di pupazzi che sono sarcasmo e sagoma e simbolo di esistenze contraffatte, di ideologie spezzate, di personaggi unti e bisunti che fanno il verso a loro stessi. Scivolosi come esseri dannati e malconci, padri, madri, genitori, abitanti di questa città che ti dà “trecento opportunità per fare una vita di merda”. Difficile conciliare l’essere genitore con la depressione, quella mania di addormentarsi tardissimo e svegliarsi quando gli altri sfortunatamente stanno già in attività da parecchie ore. E tu, come in una campana di vetro ti trascini dal divano al letto e viceversa, ebbro della sbronza della notte prima, con le orecchie piene dei bonghi di San Lorenzo, bum bum bum, Morici onomatopeico ci ripiomba di getto in quell’atmosfera da studenti di filosofia al ventesimo anno fuori corso. Diventare padre lo sveglia dal torpore e all’improvviso arriva il tormento dell’unione, a cui succede la disunione della famiglia, e mamma e papà non stanno più insieme. I tentativi di lettere, 46 tentativi, sembrano tantissimi ma mai abbastanza per raccontare il senso della vita “che poi, dopo che l’hai capito, è tutto in discesa, tutto in discesa”, ripete Morici come in una mantra delizioso e avvolgente. Disperatamente attaccato alla babysitter per lettera, 9 euro l’ora, invischiata negli emoticon di wazzapp come fossero la panacea di tutti i mali “faccetta triste, faccetta che ride, tuo padre è schizofrenico, forse?”, con la lisca in bocca e che chiama il bambino puzzetta o puzzettina. “Dillo a papà se ti chiama puzzetta, la licenzio subito” Ma poi non lo fa, perché nella disperazione ci si attacca a tutto. Anche ai tentativi tristemente comici di far separare gli altri genitori dei compagnucci di classe “questione di un mese, anzi poche settimane, papà ci sta lavorando”, lo rassicura, perché il figlio non si senta un diverso, e in questo ingaggia anche il suo amico Faustino che poi non sa comportarsi e allora importuna le mamme e viene fermato dalla polizia. Nel frattempo la depressione ha preso anche Peppa Pig che in una discesa agli inferi delirante è diventata tossica insieme a George che è in una comunità di recupero e mamma Pig fa la prostituta. Un modo originale per raccontare la depressione al figlio. Lo fa anche lanciando in aria canovacci teatrali apparentemente leggeri, in un distribuendo di massime allegre e pensosità passeggere, come la filosofia del tutto è diviso, in un crescendo di metodo dimostrativo, per una tesi sul divisionismo cosmico in cui il tutto è un diviso costante, l’unione è solo un’apparenza, il mare è diviso dalla terra, il cielo dal mare, la sabbia dallo scoglio, le mani dal cuore, la testa dai piedi e via dicendo, per approdare ad una visione ottimistica e illuminante del finale, la 46esima lettera brevissima e sincopata, quasi un singhiozzo che sancisce per sempre la motivazione ultima, estrema e l’unica significante perché il figlio potrà anche non sentirsi un diverso, alla faccia dei benpensanti e dei cosiddetti normali, pur avendo due genitori separati. Ma la 46esima lettera non ve la sveleremo, perché attenderete le repliche dello spettacolo subito dopo l’estate, probabilmente a Roma e dintorni. Con disegno e luci di Camilah Chiozza e la collaborazione di Christian Raimo, dal 30 al 31 Marzo al Teatro Vascello, una perla in alto mare che ha meritato e merita un grande successo. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 22:56:49 |
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