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A quasi un mese dalle elezioni, dopo la bastonata di proporzioni epocali che hanno subito tutte le forze "progressiste" (o meglio "forse progressiste") del paese e che ha fatto ripartire il mantra del: "dobbiamo capire gli errori che abbiamo commesso", "non sappiamo parlare al paese", "dobbiamo fare una profonda analisi di quello che è accaduto", "dobbiamo ricominciare dal basso, dalla società civile, dalla sinistra diffusa"; e poi dal cercare di dare la colpa a qualcuno, che siano i soliti noti, Renzi, Fratoianni, Bersani, D’Alema o persino del "mi si nota di più se vengo o se vengo e sto in disparte" Civati, fino a quelli che imputano colpe anche alla scarsa vena comunicativa di Chiara Carofalo di Potere al Popolo. Tutte cose giuste, "intelligenti", ma che tutte insieme, comunque, non sono sufficienti a giustificare lo tsunami che ci ha investito, men che meno a spiegarlo. Perchè i numeri parlano chiaro e mettendo insieme tutte le forze politiche di destra o affini per programmi, metodo e linguaggio, hanno preso più del 70% dei voti. Non ha vinto la destra, sarebbe riduttivo: l'Italia, pur con sfumature diverse, è destra. L'elettorato è stato chiarissimo e vuole questo, una cosa che nemmeno definisce "destra" se glielo chiedi, perché la considera superata come definizione, ma la vuole comunque come la vediamo tutti: aggressiva, rabbiosa, xenofoba, antimodernista, e vagamente bigotta.. E non possiamo dire nemmeno che si tratti di una sorpresa, i segnali c'erano tutti da tempo. I social, termometro del sentire contemporaneo, ci hanno mostrato una moltitudine di persone pronte a credere a qualsiasi fake news su immigrati, malaffare e quant'altro, che giustificasse il loro sentire a priori su questi argomenti; una moltitudine che brindava alle tragedie sul mare e pronta ad applaudire le gesta di esaltati giustizieri solitari, mai chiamati fascisti ma "cittadini esasperati". E' stata una marcia trionfale attesa e prevista da tutti. Davanti a tutto questo parlare di errori della sinistra, di mancata unità e tutte le solite ciance, è perfettamente inutile, quasi, affettuosamente, comico nella sua inadeguatezza. Possiamo unirci tutti, fare "resistenza culturale", serrare i ranghi e ricominciare dalle periferie, comunicare meglio ed essere in sintonia col popolo e avremmo solo l'amara sorpresa che è tutto inutile. Possiamo andare indietro e cercarne le cause, scoprire che proprio dalla sinistra istituzionale e di governo è partito quel bacillo che ha contribuito a trasformare l 'elettorato in zombie assetati di rivalsa ma è inutile, il risultato ormai è questo: non si salva nessuno. Perché il problema ormai non è di analisi e di "connessione sentimentale", meno che mai di comunicazione. Le cose sono chiare e si capiscono, e non è che le destre comunicano meglio, è proprio quello che si comunica, e qui veniamo finalmente al punto centrale: la sinistra non è in crisi. I valori che professa, i suoi "occhiali per vedere il mondo", fanno parte del DNA dell'uomo che da sempre, cambiandogli nomi e codici, ha nel profondo due modi di guardare alla sua natura: di sopravvivenza del più forte o di mutuo soccorso per sopravvivere. Il problema nel nostro paese è che tutto questo non ha proprio più senso nel sentire comune, la sinistra non ha senso, viene vista come un problema, un ostacolo, un inutile orpello che frena la "soluzione dei problemi" in questa narrazione collettiva che tende alla soluzione sbrigativa piuttosto che al coesistere con le complessità- La solidarietà, l'equità, la tolleranza, i diritti civili, sono visti come fumo negli occhi, parole da buonisti e salottieri. Il "popolo", entità astratta che riappare nei discorsi solo nei periodi elettorali, ha scelto valori diversi, è venuta meno la necessità storica della lotta per un "mondo migliore". Si apprezza l'uomo forte che ti rassicura, ti da un tozzo di pane e fa bastonare chi vuol prendere il tuo tozzo di pane (perché l'altro nemmeno quello ha). Quell'uno vale uno, slogan noto della maggiore forza politica del paese, ormai è da intendersi in senso lato per quello che la realtà ci mostra: ognun per se e guai a chi mi tocca. E allora cosa possiamo fare noi minoranze? Per quel che riguarda la sinistra "politica" dei soliti noti, che cercherà nell’immediato qualche volto nuovo per apparire meno nota, apparirà come il clone del regista Moretti, (che ho molto amato, a scanso di equivoci) che non ha più nulla da dire da anni, se non raccontare se stesso. Questa sinistra residuale, morettiana, potrà solo continuare a raccontare la borghesia per quello che in parte è: un gruppo senza identità di privilegiati, annoiati dalla vita, sotto la consolazione di vaghissimi valori di solidarietà che servono più a mantenere stabile la propria identità che per reale empatia verso gli altri, e sempre alla ricerca di uno scenario di fuga più alto, nobilitando questi problemi, il più delle volte pelvici, associandoli alla crisi generazionale. E invece nella sinistra "diffusa", la cosiddetta "base", la crisi è nel tunnel di un’afasia: ci si consola cantando alle serate dei reduci e scopando, non sapendo perché. Ma anche questo è Morettiano, siamo di nuovo a Ecce Bombo. A sinistra tutti Moretti. Dunque non resta che accogliere il suggerimento del maestro Joda (citazione da nerd) quando nel finale di "Guerre stellari, la vendetta dei Sith", dice al suo allievo Obi Wan Kenobi, che loro, i "Cavalieri Jedi", devono sparire per un tempo indefinito e attendere, perché quello non è più il loro tempo. Tornerà il momento, ma "no, non ora, non qui."
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 24/11/2024 13:34:13 |
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