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Protagonista vincente di questa edizione, a corollario dei grandi nomi presenti nelle quattro giornate dal 15 al 18 Marzo per Libri Come Felicità, un giovane intellettuale e professore, scrittore italiano, Christian Raimo, con una certa aria nostalgica di tempi passati, un look approssimativo e poco ricercato, volto innocente e dialettica semplice ma sostanziale, fa da mediatore in tanti incontri, come per lo scrittore di gialli Alessandro Robecchi autore di Follia Maggiore per Sellerio, presente nello Studio 3 in una mattinata piovosa ma frizzante. Il titolo che richiama un’aria poi intonata nel romanzo, è il canto che conduce le indagini a dieci mani (ben cinque investigatori) attraverso una Milano dal volto insolito, sgualcito, una Milano che non produce più tanta cultura quanta invece ne sponsorizza. “Non è più il tempo di Iannacci, Dario Fo e Strehler - sottolinea Robecchi – ma una città in crisi, dove il ceto medio perde alcune abitudini per chiudersi in una certa ritrosia e nascondere la proprio miseria”. Abita dietro le fitte trame del giallo, un modo per raccontare di altro, per raccontare la nuova povertà, la ristrettezza di spazi del desiderio che si nasconde per decoro, per non mostrare la nuova condizione di inferiorità. Raimo nota nel romanzo una nuova cattiveria dettata dal bisogno, una rabbia sociale diffusa ma non incanalata, una rabbia cieca che produce delitti da balordi e non vincolati dalle vecchie maglie del giallo alla Sherlock Holmes. “Oggi la rabbia è sorda, è una rabbia privata e si finisce per giocare da soli – nota Raimo – in un mondo anche molto frastagliato da ansia sociale e competizione, un discorso valido anche nella scuola, come ho letto in un saggio di Sefano Laffi”. Qui si sciolgono le file per un discorso molto allargato sulle nuove generazioni, alla maniera di Christian Raimo che intesse trame fittissime partendo da un semplice presupposto. La violenza nella letteratura si riconosce anche nella realtà sociale? Quella che Raimo consoce meglio è proprio il territorio spinoso della scuola, dove lui insegna Storia da più di dodici anni. Nell’incontro pomeridiano presso la Sala Ospiti, un incontro su Atlante il progetto di Save The Children per monitorare lo stato attuale della scuola e dell’istruzione alla luce di nuovi fenomeni. Con Christian Raimo, Vanessa Roghi e Mila Spicola che si intervallano per pochi minuti ciascuno parlando delle loro esperienze, alcune anche in scuole ai margini di gruppi sociali difficili, come le periferie o piccoli centri di provincia, in cui il rispetto per l’autorità è inesistente. “La scuola pubblica mi ha dato tantissimo – chiosa Christian che ricorda ancora quando alle medie leggeva Pertini – e ho conosciuto tanti i ragazzi, alcuni con problemi di sonno o alimentari, una volta uno studente in classe passava le sue giornate fissando le pareti, casi che mi hanno posto di fronte anche a questioni di valutazione, constatando che in Italia il sistema dei voti da 1 a 10 è molto pericoloso e troppo selettivo”. Si parla di selettività dettata dal binomio scuola/famiglia, quando è proprio all’uscita dalle medie che i professori consigliano il percorso che in realtà sono i genitori a volersi sentir dettare. Il futuro di una persona è segnato già dai primissimi anni di età scolare di un ragazzo e per questo il progetto Atlante ha una rilevanza così urgente, come sottolinea Vanessa Roghi, che collega il suo intervento a Lettera ad una professoressa, in cui si rimette in primo piano il dialogo con gli studenti, le loro idee, le loro necessità. Molte di queste generate da difficoltà socio-economiche e una totale mancanza di fiducia, “esemplare fu il caso di quella ragazza che al professore diceva chiudi ‘o cess, per farlo tacere – racconta la Roghi – e lui non ha mai smesso di esserci e invece di risponderle ha taciuto, continuando semplicemente il suo lavoro e conquistando così lentamente la sua fiducia”. Gli incontri come questo e tanti altri hanno la durata di un’ora, e già verso la fine si percepisce l’ansia di fine, perché è un rincorrersi di eventi che a quanto pare il pubblico non vuole perdersi e si muove di fretta per accorrere alla prossima sala con il prossimo ospite. Verso sera una folla gremita si stringe all’interno e di fronte all’AuditoriumArte, dove è allestita la mostra di Valentina Vannicola, Eravamo Terraferma, ma la gente alle 18 della domenica è anche disposta a resistere in piedi un’ora, all’esterno accanto ad un grande amplificatore per ascoltare Ilvo Diamanti che dialoga intensamente con il giornalista Massimo Giannini sull’ultimo uscito Popolcrazia (Laterza) un tema molto sentito e caldo proprio per il momento storico attuale, quanto mai inesausto. Tra populismi, partiti ed elite economiche il dibattito si accende serenamente mentre le visioni politiche dei due si confondono con una speranza di fondo. E così lentamente si chiude il festival, mentre riecheggiano le parole di Marino Sinibaldi, direttore di Radio Tre, presente all’evento con una postazione fissa, e ideatore di Libri Come, “nel cuore di tutti ci sono avventura e desiderio di conoscenza ma la profondità e la chiarezza attraverso la lettura sono ineguagliabili e la tecnologia permette altri strumenti per la lettura, come per esempio la twitteratura, ma la speranza è che questi nuovi metodi arricchiscano la lettura in senso classico e non la sostituiscano”. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 22:57:03 |
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