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Rohingya: Save the Children, il rischio di epidemie minaccia la vita di migliaia di bambini malnutriti con la stagione dei monsoni alle porte Le piogge monsoniche combinate con il sovraffollamento e gli scarsi servizi nei campi rifugiati del sud del Bangladesh rendono concreto il rischio di diffusione di malattie letali nel campo di Cox’s Bazar. Le Nazioni Unite chiedono 950 milioni di dollari per far fronte ai bisogni dei rifugiati rohingya e delle comunità ospitanti. Con l’avvicinarsi della stagione dei monsoni , nei campi di Cox’s Bazar che ospitano i rifugiati rohingya il rischio di una nuova e devastante crisi sanitaria è altissimo. A denunciarlo è Save the Children, l’Organizzazione internazionale che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, in occasione del lancio di un Piano congiunto di risposta alla crisi con il quale le Nazioni Unite e alcune organizzazioni non governative internazionali chiedono risorse per far fronte ai bisogni dei rifugiati rohingya e della comunità bengalese ospitante.. “Un quarto delle toilette e la metà dei pozzi all’interno dei campi verranno danneggiati dalle piogge monsoniche. La combinazione di rifiuti umani straripanti e acque alluvionali è la ricetta per un disastro. Abbiamo già avuto epidemie di morbillo e difterite e ora, con un sovraffollamento estremo, allarmanti livelli di malnutrizione tra i bambini sotto i cinque anni e il monsone alle porte, ci aspettiamo un’altra emergenza sanitaria”, ha dichiarato Myryam Burger, specialista per la salute di Save the Children a Cox’s Bazar.
Sulla base degli attuali livelli di malnutrizione il Piano congiunto avverte che “qualsiasi epidemia porterebbe via rapidamente la vita di migliaia di bambini malnutriti”. Per smaltire i rifiuti umani sono necessari 50.000 latrine e almeno 30 strutture.
“A meno che i lavori di preparazione al monsone non siano intensificati con urgenza, includendo il rafforzamento delle infrastrutture chiave e la ricollocazione delle famiglie maggiormente vulnerabili in aree più sicure, le condizioni meteorologiche in arrivo getteranno Cox’s Bazar nel caos. Vedremo tante case distrutte, strade e insediamenti allagati e ponti frantumati, così come c’è il rischio di frane letali. Un disastro nel disastro, che minaccia la vita di migliaia dei bambini”, ha proseguito Burger.
l Piano congiunto di risposta include fondi per ampliare i lavori di preparazione al monsone, per assicurare la distribuzione di cibo a centinaia di migliaia di rohingya, per offrire un migliore accesso ai servizi sanitari e per rafforzare i rifugi. “È cruciale che i donatori finanzino completamente il Piano, specie con la stagione delle piogge dietro l’angolo”, ha affermato Burger. “Diversi paesi hanno già donato con generosità, ma la portata dei bisogni è talmente ampia da richiedere questo impegno ancora una volta”.
Con ulteriori fondi aumenterebbe in modo significativo anche il supporto alle comunità ospitanti di Cox’s Bazar, sulle quali l’arrivo di centinaia di migliaia di rohingya ha avuto un impatto pesante, come l’aumento della competizione nel mercato del lavoro, la deforestazione e l’inflazione. Sarebbe invece possibile rafforzare i servizi governativi dedicati alla salute e all’educazione e dei mezzi di sussistenza e lo sviluppo di piccole attività, così come la realizzazione di vivai per la riforestazione.
Il Piano di risposta chiede anche 47 milioni di dollari per l’accesso all’educazione di oltre mezzo milione di bambini rohingya e della comunità ospitante di Cox’s Bazar: sono necessarie almeno 5.000 classi attrezzate con insegnanti qualificati e facilitatori. In situazioni come il passaggio del monsone, le classi rappresentano un luogo vitale per la prevenzione dei disastri .
“L’educazione è importante per salvaguardare il futuro dei bambini, ma i centri per l’apprendimento all’interno dei campi sono anche una strada per parlare ai bambini di come restare al sicuro e in salute, di come prepararsi e reagire alla minaccia monsonica, prevenendo tra le altre cose il rischio che le famiglie restino separate” ha spiegato Heather Carroll, specialista per l’educazione di Save the Children. “Solo un quarto dei bambini rohingya in Bangladesh ha attualmente accesso a qualche forma di educazione, mentre quasi metà dei bambini della comunità ospitante di Cox’s Bazar non porta a termine la scuola primaria”.
Save the Children ha oltre 100 centri in cui i bambini hanno accesso a opportunità di apprendimento nella loro lingua madre, il rohingya e ulteriori 86 spazi a misura di bambino, in cui è promosso il benessere psicosociale dei minori. “Questi luoghi offrono ai bambini uno spazio sicuro dove sono protetti da pericoli quali abusi, matrimoni forzati o precoci, lavoro minorile, sfruttamento e traffico di essere umani. E forniscono al nostro staff l’opportunità di individuare quei bambini che hanno bisogno di un supporto extra perché necessitano protezione, sono malati, soffrono di forme di stress o hanno subito traumi” conclude Carroll.
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 23:06:28 |
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