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Georges de Canino - La notte è scura - Mostra alla Casa della Memoria e della Storia

Georges de Canino - La notte è scura - Mostra alla Casa della Memoria e della Storia
Autore: Gabriella Gnetti - Redazione Cultura
Data: 20/01/2018

Georges de Canino – La notte è scura

Collage contro il terrore 1978-1983

a cura di Bianca Cimiotta Lami e Simone Aleandri

Casa della Memoria e della Storia

inaugurazione - lunedì 22 gennaio 2017 ore 17.30

23 gennaio – 28 febbraio 2018

 

Philippe Soupault ha scritto di lui:

"Quand on rencontre les création de Georges de Canino  on éprouve un certain vertige.

C'est que le créature ne craint pas  les audaces et d'abord la poursuite de l'inconnu" 

«Quando si incontrano le creazioni di Georges de Canino, si prova una certa vertigine.

È un creatore che non teme le audacie e avanti tutto la corsa verso l'ignoto».

Le opere in mostra di Georges de Canino sono una silloge di circa quaranta lavori su carta di grande formato realizzati con interventi pittorici su basi cartacee assemblate attraverso collages di fotografie e documenti di riviste originali di propaganda fascista.

Una mostra che vuole attraverso lo strumento dell’Arte  affrontare il sentimento dell’orrore al tempo delle Leggi Razziali, di cui quest’anno cadono gli 80 anni.

Un manifesto dell’orrore e dell’ironia dell’orrore, un campo d’indagine e di memoria dove l’artista, sensibile ai temi dell’olocaustosi si confronta, portando lo spettatore a non sottrarsi alla ferita della storia.

Una mostra fortemente espressiva per il suo linguaggio simbolico, prepotente e crudo composto da  segni, parole, motti, frecce e linee dinamiche che incombono con potenza cromatica su pallide adunate oceaniche di uomini in camicia nera, nelle immagini dei rotocalchi di propaganda fascista  al tempo della  promulgazione delle leggi razziali in Italia. (1938-2018).

Le opere di Georges de Canino formano un corpus unico e coerente, e sono state realizzate in due momenti cronologicamente distinti.

Il primo negli anni 1978 e 1979 in reazione al terrorismo, di tutte le matrici, attivo nell'Italia degli anni di piombo ed il secondo nel 1983, in seguito all'attentato alla Sinagoga di Roma, di matrice arabo palestinese, in cui perse la vita il piccolo Stefano Gaj Taché: una silloge di circa quaranta lavori su carta di grande formato realizzati con interventi pittorici collages di fotografie e documenti di riviste originali della propaganda fascista.

Una produzione che l'artista realizzò negli anni 1978, 1979 e 1983 sul tema della resistenza, dell'antifascismo (di ogni colore) e sul totale rifiuto del terrorismo.

Interventi pittorici su supporti cartacei trattati con collages di documenti e fotografie d'epoca originali, opere, fortemente contemporanee, che hanno evidenti analogie con il linguaggio - parolibere, collage, scrittura automatica - che le Avanguardie storiche europee, soprattutto Dadaismo, Surrealismo e Futurismo, sperimentarono nel loro percorso di rottura con le tradizioni ottocentesche nei primi decenni del novecento. Un teatro rappresentato e scritto da segni, parole, motti, frecce e linee dinamiche che incombono con potenza cromatica su pallide adunate oceaniche e uomini in camicia nera nelle immagini dei rotocalchi di propaganda fascista che richiamano ad ottanta anni  fa, al tempo della promulgazione delle leggi razziali in Italia (1938).

Saranno esposti, inoltre, cinque studi preparatori delle due grandi tele in esposizione permanente presso il Museo delle Fosse Ardeatine a Roma, che l'artista dedicò alla memoria delle ventisei vittime adolescenti trucidate nella strage.

L'artista ebbe la fortuna ed il merito di conoscere e frequentare i massimi esponenti del novecento italiano e francese, amici come Elica e Luce Balla, Edita Broglio, Arnaldo GinnaPhilippe Soupoult, Jacques Baron, Sandro Penna, André Pieyre de Mandiargues, Giorgio Vigolo, Primo Conti, e questo gli consentì di fruire di opere e documenti straordinari (disegni, dipinti, parolibere, taccuini, album, corrispondenze) che l'artista, ebbe l'intelligenza e la lungimiranza di elaborare all'interno del suo percorso di sperimentazione individuale, originale e mai datato nel pieno delle avanguardie storiche.

La mostra, a cura della F.I.A.P. Federazione Italiana Associazioni Partigiane, è promossa da Roma Capitale - Assessorato alla Crescita culturale - Dipartimento Attività Culturali in collaborazione con Zètema Progetto Cultura.

Introduzione  alla mostra:

Ruth  Dureghello​ -  Presidente della Comunità Ebraica Roma,

Rav Riccardo Shmuel Di Segni – Rabbino Capo di Roma, 

Mario Venezia - Presidente Fondazione Museo Shoah,

Ruben Della Rocca vice Presidente della Comunità Ebraica Roma,

Giorgia Calò -  Assessore Cultura della Comunità Ebraica Roma,

Lauro Rossi Amico e Storico, 

Antonella Amendola Giornalista Critica d’Arte,

Francesco Parisi  Storico dell’Arte,

L'evento è patrocinato da: Regione Lazio, Assessorato alla cultura della Regione Lazio, Comunità Ebraica di Roma, Assessorato alla cultura della Comunità Ebraica di Roma, Centro di Cultura Ebraica, UCEI - Unione delle Comunità ebraiche Italiane, Fondazione Museo della Shoah, A.N.F.I.M. (Associazione Nazionale fra le Famiglie Italiane dei Martiri caduti per la Libertà della Patria), A.N.E.D. (Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi Nazisti), A.N.E.I. (Associazione Nazionale Ex Internati), Centro Internazionale "Antinoo per l'Arte", UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane)

CASA DELLA MEMORIA E DELLA STORIA

Via San Francesco di Sales, 5

060608 – 06.6876543

Dal lunedì al venerdì, 9.30 - 20.00

www.comune.roma.it/cultura

Brevi testi estratti dall'antologia critica su Georges de Canino:

... Il ruolo dell'artista nella società contemporanea è simile a quella del profeta, che deve continuamente mediare tra l'intuizione  di valori etici eterni e universali, e il concreto procedere dell'uomo nella storia. De Canino addita nelle sue tele una strada da seguire, non solo alla comunità ebraica nuovamente colpita da un tragico atto antisemitico, ma da ogni uomo che abbia una coscienza etica e civile: ricordare è molto, ma non è sufficiente, se non ne consegue una azione costruttiva per il miglioramento dell'umanità. Emór meat va-'assé arbé.

(Elio Toaff, in Georges de Canino - La Menorah della pace, Roma, 1986)

«Dopo» il simbolismo e «dopo» il futurismo si può collocare la ricerca avanguardistica di Georges de Canino, che nel rapporto di pittura e canto è arricchita continuamente ora dal mito (rembaudiano, orfeico), ora dalla reliquia (esistenziale, ma anche intellettuale), impiegando matita e forbice, immagine fotografica e ustione, scolatura e decolorizzazione, pentagramma e parola in libertà, pennellata e verso…

Quando si incontrano le creazioni di Georges de Canino», ha detto Philippe Soupault, si prova una certa vertigine. È un creatore che non teme le audacie e va avanti tutto la corsa verso l'ignoto.

(Mario Verdone, Da Rimbaud a Crevel al Lettrismo / Per una lingua universale / Profilo di Georges de Canino, da L'informatore libraio / Rassegna mensile di attualità bibliografica e culturale, Anno IX, N. 4, aprile 1979, p. 36)

…De Canino non si è fermato al fascino poetico della tematica aulica e popolare, è sceso allo stato più profondo e complesso della storia biblica e dei sensi simbolici che ha assunto nel suo lungo tragitto in tempi e luoghi tanto diversi. ….

Ha risolto il suo problema con grazia sapiente, che alla sacralità del simbolo offre una circolazione sociale e un'accattivante eloquenza che sono forse umanamente cordiali, ma in nessun modo mondane.

(Giulio Carlo Argan, De Canino e il tempio delle stelle, in Georges de Canino - La Menorah della pace, Roma, 1986)

…Questo teatro di visioni che grondano malinconie, in cui si consumano sentimenti e si agitano apparizioni, attraversato da segni e da scritture, da messaggi che lampeggiano ardori, misti a un'imperiosa necessità vitale, …. la visione si è incarnata ed ha preso forma di regola e teoria. Dal sodalizio con questi uomini, dal filtro e dal tessuto di emozioni scambievoli di cui esso è stato nutrito, l'avanguardia di cui è tanto evidente l'eco nel suo lavoro, ha potuto parlargli almeno in tre modi: come ombra, come rivelazione, come missione personale, come realizzi ed inveri lo spirito di rinnovamento che è sua caratteristica.

(Giovanna dalla Chiesa, La voce degli occhi, in Georges de Canino / Opere 1968-1988, Roma 1989)

 




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