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Violenza e femminicidio: le responsabilita' del popolo italiano

Violenza e femminicidio: le responsabilita' del popolo italiano
Autore: Il Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 14/09/2017

 

Ormai, violenze contro le donne e femminicidi sono all’ordine del giorno. Spesso, sono perpetrate all’interno del nucleo familiare, anche se – la propaganda politica – utilizza in maniera bieca questo tipo di notizie, al fine di deviare attenzione e sentimenti della popolazione, a seconda del periodo e del tornaconto.

Di violentatori nazionali ne esistono molti. Spesso però, le donne non denunciano gli abusi, siano essi sessuali o di violenza di vario genere, non ultima quella psicologica, subita da molte donne che non hanno la capacità e il coraggio di scappare via da uomini violenti, né – tantomeno – di denunciarne il comportamento.

Si inizia con una storia d’amore idilliaca. Si finisce sulle cronache dei giornali. Perché? Perché la violenza e la sopraffazione fa parte dell’animo umano, in misura variabile, ma esiste. E se questa violenza non viene innanzitutto presa in considerazione dalle famiglie di origine e non viene denunciata, può trasformarsi in tragedia.

So di casi aberranti, in cui i genitori di maschi violenti, non solo non se ne assumono la responsabilità, ma anzi, alzano le braccia, lasciando a se stesse donne che non hanno alcun tipo di strumento per difendersi, anche perché in molti casi, questi uomini si comportano in maniera violenta solo quando si trovano soli con la partner, mentre quando sono in compagnia di altri familiari o amici, assumono comportamenti assolutamente normali, al limite dello sdolcinato.

Consiglio a queste donne, di fare in modo da registrare liti, offese, botte...Oggi non mancano i modi, basta un cellulare, e avere prove certe aiuta molto.

Si creno quindi un personaggio pubblico non aderente alla realtà, così che, la donna che  - stufa delle violenze subite – si mettesse in testa di parlarne alle famiglie e ai conoscenti, rischierebbe di fare la figura della “matta”, termine molto amato e utilizzato dagli uomini violenti, che lo utilizzano per minare ancora di più la sicurezza delle proprie compagne maltrattate.

In Italia si registra una vittima ogni tre giorni. Ma i casi di violenza domestica, quelli che non vanno a finire sulle cronache dei quotidiani, non si possono contare, proprio a causa delle mancate denunce da parte delle vittime, spaventate dalle reazioni dei compagni violenti, da una scarsa – se non assente – indipendenza economica e forse, anche dalla consapevolezza che, nel nostro paese, sta diventando praticamente inutile denunciare questo tipo di reati.

Ne è una triste conferma il caso della giovanissima Noemi Durini, la sedicenne barbaramente uccisa dal fidanzato diciassettenne e violento. La famiglia e la povera ragazza, avevano presentato diverse denuncie presso la procura per i minorenni, contro questo mostro minorenne. Esiti delle denunce? La morte della ragazza. Che non è la prima a morire pur avendo denunciato comportamenti violenti e allarmanti da parte di compagni, fidanzati e mariti. E temo non sarà nemmeno l’ultima.

Dopo il caso di Noemi, il Ministro della Giustizia Orlando, ha chiesto di fare chiarezza: perché la denuncia non ha sortito alcun tipo di garanzia nei confronti della ragazza? Ci si pensa sempre dopo, a fare qualcosa. E dopo, in questi casi, è sempre tardi.

Le istituzioni, dicono che a monte di molte problematiche sulla sicurezza degli esseri umani, vi sia la mancanza di risorse economiche, che incidono anche sul numero di uomini e donne delle forze dell’ordine. Si può accettare una scusante del genere? No. Non in una nazione che, sulla carta, appare essere una nazione civile, ma che nei fatti è diventata tra le più incivili e invivibili al m ondo.

Oltre tutto questo, è quasi ovvio che, in una nazione in cui la pena è sempre meno certa, delinquenti e violenti in generale, si sentano rassicurati nel caso in cui baleni loro alla mente di compiere atti contro le persone. Ci sarà un motivo per cui, nelle nazioni in cui vi è certezza della pena, i delinquenti ci pensano tre volte prima di delinquere. Il carcere non piace a nessuno. Se poi ti sbattono all’ergastolo, ancora meno.

Da noi invece, magari finisci in un mare di guai per non aver pagato una multa e pure se l’hai pagata. Poi, se ammazzi qualcuno, se stupri, se abusi, se ti macchi di reati contro la persona, puoi contare certamente sulla clemenza della corte e anche su un sistema giudiziario garantista. E’ un obbrobrio bello e buono questo sistema, altro che…

Però, attenzione. Ogni singolo cittadino italiano deve prendersi una fettina di responsabilità in tutto questo. L'incapacità collettiva di guardare a se stessi come opinione pubblica e quindi, con poteri decisionali sulla vita civile che questo ruolo comporta. Che fine ha fatto l’opinione pubblica? Che fanno i cittadini oltre a scaricare rabbie e malumori sui social? Nulla. Convinti tutti, che “tanto fanno sempre come vogliono loro”.

Certo che “fanno sempre come vogliono loro”! sanno di gestire una popolazione che non si oppone più a nulla, che non manifesta coerentemente la rabbia contro un sistema impazzito e sempre più vessatorio contro la popolazione. La politica fa quello che gli pare, perché il popolo lo permette.

Quante vittime ancora dobbiamo attendere affinché il popolo italiano si alzi dalla sedia, molli il computer e i social e si riversi per le strade di tutta Italia a chiedere che il comparto della sicurezza nazionale abbia tutti i finanziamenti necessari a far si che si possa star più certi che i delinquenti paghino per i loro reati?

Sono queste le manifestazioni prioritarie, sono queste le istanze urgenti da portare avanti in maniera metodica e organizzata, o davvero si spera che sarà la politica a risolvere queste situazioni urgenti? E’ follia.

Se il popolo si limiterà a indignarsi, potremo solo attendere di fare il conto delle vittime alla fine dell’anno, e di iniziare il prossimo con le nuove vittime. Proprio sicuri di non voler indossare l’abito del mestiere di cittadini degni di questo nome?

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Data:10/08/2013
Categoria:Politica e Governo
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