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Truppe Giordane e USA nel sud della Siria. Prove di spartizione del Paese?

Truppe Giordane e USA nel sud della Siria. Prove di spartizione del Paese?
Autore: Claudio Martinotti Doria - Redazione Esteri
Data: 25/04/2017

Che l’obiettivo politico militare strategico in Siria fosse la destituzione del presidente eletto Bashar al-Assad (da tutta i media mainstream definito con l’abusato stereotipo di “dittatore sanguinario”, pur in assenza di prove), in quanto di ostacolo alle mire della coalizione occidentale (leggasi soprattutto USA), credo fosse evidente a tutti, anche agli osservatori più disattenti e disimpegnati. Meno evidente ma intuibile anche il fatto che i paesi limitrofi, oltre agli USA ed i loro partner primari, volessero spartirsi il paese, per assicurarsi la realizzazione dei business pianificati da tempo (come le pipeline), cui Assad si opponeva, oltre a creare reciproche zone e sfere di influenza, per poter collocare proprie basi militari in contrapposizione a quelle russe già esistenti.

L’intervento militare russo del 2015 a supporto dell’esercito siriano governativo e su richiesta del presidente legittimo Assad, aveva spiazzato questi piani di spartizione della Siria, creando scompiglio nell’eterogenea ed invasiva coalizione straniera, che vorrei rammentare essere presente illegittimamente nel paese, con l’alibi della lotta al terrorismo (gli unici autorizzati dal governo legittimo sono i russi), mentre in realtà il terrorismo lo aveva precedentemente e tutt’ora finanziato e sostenuto in chiave anti-siriana. 

In una situazione così complessa e falsificata, forse è più opportuno lasciare la parola a veri esperti, cioè a specialisti del settore militare, come quelli che curano il sito istituzionale di cultura e divulgazione militare DIFESA ONLINE, che è il più qualificato e conosciuto e non può certo essere tacciato di faziosità. Dall’articolo recentissimo che vi propongo risulta evidente la conferma di quanto vi ho riferito in premessa, senza nascondimenti. 

Quello che i media mainstream propinano costantemente sono una marea di menzogne orchestrate per manipolare l’opinione pubblica, ciò che motiva gli interventi militari oltre alle strategie geopolitiche è sempre e solo il business, ed i “dittatori sanguinari” si devono rimuovere solo se sono ostili al business ed agli interessi del più forte, altrimenti perdono la connotazione di “sanguinari” e diventano “moderati” o addirittura “illuminati”. 

Tra l’altro questi piani di spartizione della Siria risalgono a parecchi anni fa, ben prima che si creassero le condizioni per la deflagrazione della guerra civile nel paese (che di civile ha ben poco).

Ecco l'articolo, di Giampiero Venturi) - 24/04/17

Mentre scriviamo, quotidiani arabi confermano l’attacco aereo israeliano condotto nell’area di Quneitra, città abbandonata del Golan, interna al territorio controllato da Damasco. L’attacco sarebbe avvenuto il 23 aprile contro formazioni della Brigata per la Liberazione del Golan, la milizia sciita irachena che combatte al fianco delle truppe di Assad nel sud della Siria. Tel Aviv non conferma e non si hanno ulteriori dettagli.

L’attacco avviene mentre le truppe di Damasco consolidano la presenza nel Golan siriano e preparano l’offensiva tesa a ridurre il peso dei miliziani jihadisti legati ad Al Qaeda e allo Stato Islamico nel fronte sud.

È evidente che nelle regioni meridionali della Siria alcuni equilibri fondamentali per il futuro del Paese stiano rapidamente cambiando.

Andiamo per ordine.

Il sud è stato il focolaio iniziale della rivolta anti Assad. Nella primavera del 2011 tra le prime città dove mercenari stranieri provocavano la folla per scatenare la reazione dell'esercito siriano, c'era proprio Dar’a, distante dieci minuti di auto dalla Giordania e poche decine di km dalle alture del Golan.

Regione povera a ridosso di confini con Israele, il Governatorato di Dar’a è diventato poi subalterno ad altri fronti apparentemente decisivi per le sorti del conflitto. Nonostante la minore esposizione mediatica rispetto ad Aleppo, Homs, Hama, Raqqa e Deir Ezzor, ai confini sud della Siria si è continuata a giocare una partita decisiva e sottile senza soluzione di continuità.

Il primo fattore da considerare è Israele, attore apparentemente defilato, ma in realtà molto presente e operativo.

Dei contatti militari fra Stato ebraico ed Al Qaeda in funzione anti Hezbollah abbiamo già parlato su queste pagine nel 2016 (leggi articolo).

Il fattore da considerare è l’inserimento della Giordania nel quadro della guerra siriana, così come previsto dagli Stati Uniti all’inizio delle cosiddette Primavere arabe.

Il Telegraph nell’ottobre del 2012 aveva già fatto trapelare la notizia del dispiegamento di circa 150 unità speciali americane nel nord della Giordania (35 km a nord di Amman, e circa 70 dalla siriana Dar’a) al termine della periodica Operazione Eager Lion. La stessa fonte (Richard Spencer, inviato per il Medio Oriente), citando il New York Times, sosteneva che a Londra e Washington era da tempo allo studio l’idea di creare un cuscinetto nel sud della Siria, dove dislocare truppe giordane a carattere difensivo.

Il progetto non è mai stato abbandonato per tre ordini di ragioni:

  • garantire l’integrità territoriale del regno hascemita, alleato dell’Occidente fedele ma debole;
  • premunirsi dall’eventuale collasso delle istituzioni statali in Siria e in Iraq;
  • assicurare a Giordania e Israele il controllo del sud della Siria, minacciate dal rafforzamento delle milizie sciite anti israeliani (soprattutto Hezbollah).

I tentativi indiretti di raggiungere questi obiettivi sono stati continui. Al di là dell’intervento diretto israeliano avvenuto ogni volta che miliziani sciiti (o l’esercito siriano) sono stati sul punto di prendere il sopravvento sui ribelli, c’è da considerare la creazione del New Syrian Army e l’intervento diretto delle forze speciali inglesi.

 

Il New Syrian Army, nato nell’autunno del 2015, è un gruppo ribelle a Damasco creato e armato dalla CIA allo scopo di controllare i confini sudorientali della Siria, in particolare l’area di Al Tanf, dove convergono le frontiere di Giordania, Siria e Iraq. Dopo un inizio facile, la milizia è stata praticamente azzerata da un attacco suicida dell’ISIS (maggio 2016). Il posto di confine, situato in un’area ostile e desertica, è strategicamente essenziale per alimentare la ribellione ad Assad attraverso rifornimenti che arrivano dall’Arabia Saudita tramite la provincia irachena di Al Anbar; è fondamentale sia per lo Stato Islamico che per le fazioni jihadiste ribelli a Damasco. Nell’agosto del 2016 il Guardian e la BBC segnalavano la presenza di forze d’assalto britanniche a ridosso di Al Tanf, in pieno territorio siriano (leggi articolo).

Ad aprile 2017 (pochi giorni fa, nda) le difficoltà militari del Califfato hanno dato un ulteriore scossone agli equilibri sul campo, riportando in auge l’importanza dei confini sud e l’obiettivo mai abbandonato anglo-americano (e israeliano) di occupare parte della Siria meridionale.

La ritirata dei miliziani dell’ISIS verso est nel Governatorato di Deir Ezzor sta aprendo la strada ad alcune fazioni ribelli parte della galassia del Free Syrian Army. Fonti indipendenti arabe parlano dell’occupazione di Al Bukamal, cittadina sull’Eufrate al confine fra Siria e Iraq. In sostanza è in corso una sostituzione di miliziani che combattono i governativi nelle regioni del sud: lungo la linea geografica che va da Dar’a alla frontiera irachena, i ribelli jihadisti  stanno prendendo il posto dell’ISIS. 

Le voci di concentrazione di truppe e materiali USA in Giordania intanto continuano.

Mentre la 3a Divisione Corazzata giordana “Re Abdullah” con le sue unità carri e artiglieria manovra a nord di Amman, la base aerea di Mafraq (30 km dal confine siriano e 50 da Dar’a) è un via vai di mezzi USA. Stessa attività viene segnalata nell’unico porto giordano di Aqaba. Ufficialmente si parla di meno di 2000 soldati USA presenti sul territorio giordano. Fonti d’intelligence iraniane, arrivano a contarne più di 10.000 che si andrebbero a sommare alle 6000 unità già presenti in Siria sul fronte di Raqqa.

Le voci che ci si prepari ad entrare in pianta stabile in Siria dal nord della Giordania si moltiplicano. Al crollo dell’ISIS in Iraq e Siria non potrà seguire il rafforzamento di Assad e dei gruppi sciiti che lo sostengono al di qua e al di là del confine.

Mentre la coalizione a guida USA preme su Raqqa, si vuole impedire che l’esercito di Damasco prenda il sopravvento nell’area di Deir Ezzor. Un progetto per il futuro smembramento della Siria con un cuscinetto turco a nord e una buffer zone giordano-americana a a sud, sembra servito.

(foto: القوّات البرية الاردنيّة - IAF)




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