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L’Italia riassunta in fragranze territoriali e profumi tradizionali, computata per terroirs e ricomposta secondo gusti e colori proposti dai marchi di fabbrica dei vini tra i più pregiati al mondo. Il mondo del vino raccontato per regioni, in uno spazio espositivo accogliente e organizzatissimo come quello della Fiera ormai nota del Vinitaly a Verona, svoltasi dal 9 al 12 Aprile e che ancora una volta non ha deluso le attese. Una passeggiata tra gli stand allestiti come luoghi incantati, con il potere di attirare come le sirene fecero con Ulisse, il richiamo di una tradizione antica e sublime come il vino. Prodotto della terra che passa attraverso cura, attenzione, dedizione, sofferenza e ricerca continua, per arrivare alla degustazione come il prodotto più sopraffino, prezioso e immacolato che si possa immaginare. È’ nel momento di versare il nettare nel calice che si sprigionano mesi di lavoro, di sudore e attesa, mesi di barrique, di legno, di acciaio, di fremente sorpresa. Non c’è inganno nel vino, non c’è dissimulazione, non c’è metafisica. Il risultato è immediato, sta lì sotto il naso e nel palato. E la partita si gioca in un solo sorso. Grandissima l’affluenza anche quest’anno, l’ingresso è intasato da un fila che scorre ai tornelli, scatta la sbarra e si entra in un mondo unico, inimmaginabile per chi non ci è mai stato, una novella Alice nel Paese delle Meraviglie. Gli stand si dipanano tra colori, infiorettature, legno, luce, vetro cristallino che tintinna, penne che scorrono sui taccuini, occhiali inforcati per accogliere meglio il colore. Piccoli produttori e accanto i mastodontici, tra i corridoi delle eccellenze, come Banfi, Cavit, Ferrari, con stand multipiano e blindatissimi, ma anche costellazioni di piccole aziende che puntano sul giovane amatore, sul ristoratore di nicchia, sul timido neofita. Giusto un assaggio per degustare. La Lombardia con Lugana e Franciacorta, il Su’ento della Sardegna, con ottimo blend di chardoanny, moscato e nasco per continuare sui bianchi, la Tunella del Friuli con la novità Col Bajè, Ronco del Gelso che propone Riesling di due annate, 2007 e 2016 per un vino che si trasforma nel tempo, il Baron di Pauli con un ottimo Sauvignon dell’Alto Adige, e l’azienda Colterenzio che produce La Foa, etichetta prestigiosa con fattezze klimtiane e sapore per palati raffinati. Tra i rossi l’Aglianico del Vulture Martino, Etna Rosso delle Tenute Nicosia, il Barbera d’Alba delle cantine Nota, etichetta nera e sacchetto con uva essiccata che ne ha impreziosito la confezione, per finire col Barolo di Diego Conterno. La ricchezza della regione rispecchia anche la bellezza dello stand, la cura dei particolari e l’affluenza dell’attenzione dai visitatori. Il Lazio rimane indietro, tranne l’esimio esemplare di Vermentino di Tarquinia dell’azienda Muscari Tomajoli, mentre emerge un’inaspettata Umbria. Capofila la Lombardia, Veneto, Friuli e Trentino, la Puglia innovativa, la Sicilia saporita e calda, la Campania voce della tradizione. A seguire e per finire lo stand dei sapori collaterali ma non meno importanti, allora troviamo l’olio con tutte le sue sfumatura dalla più grassa a quella più piccante e amara, olio con cui condire il gelato o raffinato pesce crudo. Lo stand dell’aceto dove scoprire lavorazioni con miele, scie di fragranze dolci come l’agrume o il cacao da abbinare ai formaggi o creme di aceto balsamico da usare come preziosismi sulle pietanze più delicate. Un amabile racconto della nostra Italia, una passeggiata ricca di sapore e inestimabile, ancora una volta primato assoluto in tutto il mondo. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 22:54:41 |
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