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Solo due mesi fa Matteo Orfini dichiarava: “Siamo al governo con Alfano, ma non penso che il Pd possa essere strutturalmente alleato con una forza che si chiama Nuovo Centrodestra”. Era esattamente il 7 febbraio scorso, quando il presidente Pd lanciava questa affermazione . Da qualche giorno, notizia passata in sordina, si è invece andati oltre le alleanze: i renziani e il partito di Alfano si sono addirittura fusi in un unico partito. Per ora in Sicilia, per la poltrona di sindaco di Palermo. Presto, ed è quasi scontato, anche a livello nazionale. Si chiama Dp, Democratici e Popolari, la nuova creatura dell’ex Presidente del consiglio e dell’ex ministro dell’interno. Con il nome ci sarebbe da ridere. Dp: proprio come democrazia proletaria. Ma di sinistra i Democratici e Popolari hanno ben poco. In barba alle storie raccontate negli ultimi anni dai renziani e cioè che “siamo costretti a governare con la destra ma per fortuna con l’italicum le cose cambieranno”, la fusione è scritta nel Dna dei partiti dell’ex sindaco di Firenze e dell’attuale Ministro degli esteri. Una fusione naturale. Siamo dalle parti della Dc 2.0, ma molto più a destra della balena bianca di un tempo. A testimoniarlo il jobs act, la riforma della scuola, i decreti salva-banche. Obiettivo di questo nuovo centro destra, di questa riunione inevitabile tra ex democristiani, è ottenere un 20 per cento scarso alle prossime politiche. 16, 17 per cento. Tanto vale per il momento il partito renziano. 2, 3 per cento, invece, quello alfaniano unito indissolubilmente agli uomini di Pierferdinando Casini. Chiaro, numeri non sufficienti per governare. Ma almeno per pesare ancora nella prossima legislatura, sì. E sono comunque numeri ottimistici. Perché è evidente che le primarie del Pd saranno vinte da Renzi ma l’affluenza si prevede in fortissimo calo. Ovvio: di sinistra il partito non ha più nemmeno i colori. La base ha abbandonato i Dem da anni e se il 30 aprile si infilerà nei gazebo un milione di elettori, dalle parti di Rignano sull’Arno si stapperanno bottiglie di Chianti. Sono lontani infatti i tempi dei tre milioni alle primarie dell’8 dicembre 2013. Segno che la crisi del partito di Matteo Renzi è profonda ed irreversibile. Come ripeto da qualche anno, l’ultima e disperata carta che l’ex premier può giocarsi è quella di fondersi con Forza Italia, per far nascere finalmente il partito della Nazione. Del resto era quello l’obiettivo iniziale del Patto del Nazareno. Peccato che l’operazione sia partita solo adesso. Ed ormai è tardi. Troppo tardi. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 22:44:36 |
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