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Riflessioni sulla decisione di Dj Fabo

Riflessioni sulla decisione di Dj Fabo
Autore: Editoriale di Padre Maurizio Patriciello
Data: 02/03/2017

Fabo è entrato nella nostra vita. Gli italiani si sentono accomunati nel volergli bene. Oggi che la morte l’ha sottratto a una vita che gli pesava e lo faceva soffrire, ci restano la sua storia, il suo ricordo, le lacrime versate, le polemiche non sempre appropriate.

Purtroppo c’è tanta confusione in giro tra testamento biologico, suicidio assistito, eutanasia attiva e passiva. Sento parlare di spine da staccare anche quando non ci sono spine di nessun tipo. Non si tratta di piccole cose da discutere davanti alla sua bara, in preda al dolore e all’ emotività.

Chi lo fa se ne assume la responsabilità.

Vorrei, invece, far sapere alla famiglia di Fabo che, pur non avendolo conosciuto di persona, abbiamo sofferto e pregato per lui e per loro. Martedì mattina, con la mia comunità parrocchiale, ho celebrato la Messa – il tesoro più prezioso che abbiamo - per la sua anima. Perché possa contemplare il volto misericordioso, luminoso e bello di Dio.

Perché Gesù gli apra le porte del paradiso. Con Fabo vorrei ricordare Gaetano Fuso.

L’ho incontrato l’ estate scorsa a San Foca, nel Salento. Gaetano, poliziotto, a 38 anni fu colpito dalla sclerosi laterale amiotrofica che gli ha portato via tutto, tranne gli occhi e la lucidità mentale. “Parla” attraverso un comunicatore. Ha degli amici meravigliosi che si sono messi insieme a hanno dato vita all’ associazione “ Tutti pazzi per Gaetano”. Gaetano ha chiesto e ottenuto dal comune di San Foca un pezzo di spiaggia che ha provveduto ad attrezzare per i fratelli disabili.

Bellissimo. Rimasi incantato dalla sua voglia di vivere. Gli chiesi: « Gaetano, sei più arrabbiato con Dio o con gli uomini? ». Fissò le lettere sul comunicatore, poi una voce metallica mi rivelò il suo pensiero: « Con gli uomini, non con Dio». Con tutti noi uomini che potremmo fare molto di più per i fratelli e le sorelle che soffrono e non lo facciamo.

Leggo stamattina che un commerciante napoletano si è suicidato a causa dei debiti cui non riusciva a far fronte. Su un biglietto ha lasciato scritto una frase che mi agghiaccia: « Questa non è più vita».

Penso a mio padre, un uomo bello, alto, forte. Un’ emorragia cerebrale lo inchiodò in un letto per sette lunghi anni. Non era legato a nessuna macchina, ma dipendeva dagli altri in tutto. Penso ai vecchi negli ospizi, ai fratelli autistici e alle loro famiglie.

Penso ai malati di cancro della mia terra, tanti giovanissimi, addirittura bambini, in preda alla sofferenza, allo scoraggiamento, alla paura di non farcela. Dovremmo sempre resistere alla tentazione di pensare: « E’ vita?». Possibile che non ci accorgiamo di quanto possa essere pericoloso questo ragionamento? Dove ci potrebbe portare?

Riflettiamo ancora. Senza acredine. Senza ipocrisie. Riflettiamo insieme perché chi soffre possa continuare ad amare la vita. L’ unica che abbiamo. Mi piace ricordare che “ se divino è il dare, divino è anche il ricevere”. Questo vale per tutti e in tutti i campi. A tutti i fratelli in preda alla sofferenza – fisica, psichica, economica, spirituale, affettiva – a tutti coloro che se ne prendono cura, un abbraccio grande quanto il sole.




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Data:10/08/2013
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