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Qual è lo scopo di una rappresentazione teatrale? Divertire, emozionare, suggerire riflessioni, commuovere… Ebbene: è tutto quanto garantisce questa pièce teatrale, autore Aldo Nicolaj, bene interpretata da Giuseppe Pambieri, Paolo Bonacelli e Valeria Ciangottini, con la regia di Giovanni Anfuso. Il tema è uno di quelli su cui tutti noi siamo chiamati a riflettere: la terza età. Quel periodo della vita, in cui – al giorno d’oggi – ci si ritrova spesso ad essere emarginati, e non solo dal sistema sociale in cui viviamo, che garantisce poco o nessun sostegno agli anziani, bensì - a volte - dagli stessi figli e nipoti, troppo presi dal correre dell’esistenza, per poter trovare il tempo da dedicare a chi ci ha generati, cresciuti, sostenuti, amati. La terza età, giunge quasi a sorpresa, e te ne accorgi quando gli adulti hanno sempre meno tempo per parlarti, per chiederti un consiglio, per guardare a te come a un adulto e non come a un anziano quasi inutile, di peso, senza sentimenti, emozioni o desideri. I tre protagonisti s’incontrano per caso, nel tradizionale scenario del parco: con le panchine, le giostre e tutto il corollario. S’intendono quasi subito, e stringono amicizia. Un’amicizia profonda, perché profondamente simili sono i sentimenti, gli acciacchi e le paure che li accomuna. Insieme ritrovano la vita, in ogni senso, riuscendo così a percorrere in maniera diversa, il dissesto emozionale che li aggredisce, vittime ognuno di una solitudine imposta da chi dovrebbe amarli, o da se stessa, come nel caso della protagonista femminile, che ha scelto di vivere in solitudine, piuttosto che rischiare le intemperie – inevitabili – della vita, rimanendo in qualche modo bambina. Riscoprono il gioco, l’alleanza, l’emozione, l’amore e persino la passione. Creano un microcosmo, in cui gli adulti non possono e non devono entrare. A metà tra il ritornar bambini e l’essere anziani, che è poi un po’ la stessa cosa: privi di filtri, privi anche delle dinamiche che – crescendo – pongono limiti all’espressione di sé, in maniera totale. Questo rapporto d’amicizia, cresce di giorno in giorno, fino a sfociare in una necessità di esistere l’uno per l’altro, e di confondersi, l’uno con l’altro. Ritrovando finalmente una ragione a tutto. A un tratto, i due amici, decidono di partire, di fuggire dalle famiglie ingrate, dallo spauracchio – paventato – dell’orribile ospizio. Via, lontani, a ritrovar se stessi, l’indipendenza, la libertà. Via, lontani, dal pensiero angosciante della morte. L’epilogo - che lascio scoprire agli spettatori - farà comprendere a tutti, come sia necessario a ognuno di noi vivere ogni attimo dell’esistenza, perché comunque - un giorno - ci ritroveremo tutti di fronte a un passo senza alcuna possibilità di scelta. Ottima la regia del bravo Giovanni Anfuso, che come sempre, pennella - come un pittore - ogni gesto, ogni scena, ogni frase, ogni emozione. Il pubblico in sala ha riso, sospirato, forse versato qualche lacrima di nascosto: personalmente, ne ho versate molte, ed è stata una grande emozione. Classe di Ferro – di Aldo Nicolaj – Regia di Giovanni Anfuso – con: Valeria Ciangottini, Giuseppe Pambieri e Paolo Bonacelli Roma - Teatro Parioli, fino al 22 Gennaio Leggi l'intervista al regista, Giovanni Anfuso ©Tutti i diritti riservati. La diffusione è concessa esclusivamente indicando chiaramente il nome dell'autore e il link che riporta a questa pagina
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 24/11/2024 13:50:07 |
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