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Francesco Rutelli: 'Mi sto per laureare e ai ragazzi dico, studiate'

Francesco Rutelli: 'Mi sto per laureare e ai ragazzi dico, studiate'
Autore: Intervista di Lucio Giordano
Data: 31/10/2016

«Il giorno del mio  primo esame universitario, mi sono svegliato alle 6 di mattina,  ho preparato lo zaino con libri, dispense e appunti poi, ad un certo punto,  ho avvicinato la mano sinistra al cuore: batteva forte». Sarebbe tutto normale se l’emozione travolgente fosse di una matricola di 20 anni al primo vero scoglio della vita. Colpisce invece che a provare le stesse sensazioni sia stato un signore di 62 anni, navigato e abituatissimo a parlare in pubblico da sempre.

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Lui,  quegli istanti, li ricorda nitidamente. Me li racconta nella sua bella casa romana, in un quartiere elegante della Capitale.  Mi fa strada nel suo studio. Ad ogni parete, librerie piene di volumi, suoi e di suo padre, il noto architetto ed urbanista Marcello Rutelli.  Ci sediamo uno di fronte all’altro  e subito gli domando cosa lo abbia spinto a riprendere in mano i libri, a tornare studente, iscrivendosi a Pianificazione e Progettazione del Paesaggio e dell’Ambiente, un nuovo corso di laurea, interfacoltà integrata, tra la Sapienza di Roma e l’Università della  Tuscia di Viterbo. Risponde : «La voglia di chiudere un cerchio, di rispettare una promessa che avevo fatto a me stesso: che cioè un giorno o l’altro mi sarei laureato. Avevo interrotto gli studi nel 1977, travolto dalla passione per la politica. 

Per quella decisione, però, mio padre ci rimase malissimo. Non dico che mi abbia tolto il saluto, ma ci è mancato poco. Io, infatti, nei quattro anni universitari, avevo  già sostenuto 22 esami. E nel frattempo davo una mano a papà nelle verifiche tecniche del suo studio di architetto. Insomma, lui era certo che una volta laureato avrei seguito la sua strada»

E invece, come tanti giovani negli anni 70, Rutelli si innamorò della politica.  Tempo per studiare, zero. A quattro quinti del cammino universitario, si arenò. «Papà rispettò la mia scelta. Vide che di esami ne facevo di differenti – un’elezione dietro l’altra – ma la vocazione di questa casa, dai miei antenati che hanno realizzato il Teatro Massimo a Palermo, o, nel 1873, il nuovo progetto dell’Arsenale di Venezia era un’altra, e lui sperava che io la portassi avanti, racconta Rutelli. «Insomma, meglio architetto che onorevole… E le varie Lauree Honoris causa che ho ricevuto non gli sarebbero bastate. Forse, ricominciare a studiare è stato anche un modo per risarcirlo di quell’amarezza».

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«Partiamo dalla decisione di riprendere a studiare, Rutelli. Quando l’ha presa?»

«Durante una passeggiata con un amico urbanista, nel parco dell’Insugherata, una riserva naturale nella zona nord della Capitale, che avevo istituito una ventina d’anni fa. Mentre mi spiegava tutto su piante ed arbusti, e di come preservare quel paradiso terrestre, cresceva in me la voglia di apprendere, di riprendere a studiare. Tornato a casa mi sono detto: ‘forse è il momento giusto. Ho più impegni internazionali ma meno impegni politici. E poi quella voglia  di conoscere non mi è  mai passata. In fondo , Francesco, si tratta di riaprire i libri su argomenti che hai già trattato nel corso della tua esperienza politica, approfondire  a livello scientifico materie di cui ti sei già occupato,  come quando  istituisti  una quindicina di Parchi cittadini, oppure con quell’altra legge  su un albero per ogni nato ne vennero piantati  120 mila solo a Roma, o quando hai riscritto il Codice del Paesaggio’. Così, mi sono convinto che avrei fatto bene ad accettare la sfida con me stesso»

Prima di decidere si è consultato anche con sua moglie, Barbara Palombelli?

«Non subito. La scelta era solo mia, dunque glielo ho detto  dopo essermi iscritto. In questi quarant’anni l’Università è cambiata completamente, è tutto on line. Anche le quote si possono pagare per via telematica. Davvero un altro mondo, rispetto a quando la frequentavo da ragazzo. Ho scelto il corso e  così una mattina sono andato in segreteria di facoltà e ho appreso quanti esami mi avrebbero riconosciuto del vecchio ordinamento: ‘otto su 22’, mi hanno risposto. ‘Si può fare’, ho pensato.   Una sera, vedendomi sui libri e a prendere appunti, mia moglie mi ha chiesto che cosa stessi facendo e le ho detto che volevo laurearmi. Ha sorriso soddisfatta e ha richiuso la porta dello studio»

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E i suoi figli come hanno reagito alla notizia?

«All’inizio mi hanno preso in giro. Però penso che abbiano apprezzato. Certo, un padre che si rimette in gioco a 62 anni, può meritare uno sfottò. Eppure è proprio vero che gli esami non finiscono mai, come diceva il grande Eduardo De Filippo. In un mondo che cambia velocemente è obbligatorio continuare ad apprendere, provare a crescere culturalmente. Sempre. Perché senza cultura  e senza capacità critica, -non si va da nessuna parte. Se anzi potessi lanciare un messaggio a tutti i giovani italiani che mi stanno leggendo in questo momento, direi loro: studiate, studiate, studiate. Stare sui libri, oltre che sul Web, vi permetterà di affrontare meglio la vita. E nel mio caso, ho capito che nella vita non è mai troppo tardi per realizzare un sogno: se è simbolico, forse conta di più»

Risultato immagine per rutelli e famiglia

Torniamo a quel primo esame, Francesco.

«Selvicoltura. Tostissimo. Ho studiato per settimane, anche la notte prima sono stato  sui libri e sono andato a dormire tardi, vinto solo dalla stanchezza. Ho fatto colazione, ripassando gli appunti, ho messo in moto l’auto e mi  sono diretto a Viterbo, all’Università della Tuscia, una delle sedi del mio corso di laurea. Ho atteso l’orario e mi sono seduto per essere interrogato, sempre con lo zainetto sulle spalle, come un ragazzo qualsiasi».

Immagino lo stupore dei docenti.

«Nessuno stupore, le assicuro. Nei corridoi mi confondo tra i ragazzi, e quando sostengo gli esami, zero presunzione; sono Rutelli, uno studente come tanti, non l’ex sindaco di Roma. Solo qualche professore, tutti o quasi più giovani di me, mi chiede incuriosito perché abbia deciso di tornare sui libri. E allora spiego il motivo. Tutto si svolge in assoluta normalità accademica. I voti? Finora, sono buoni».

E i suoi compagni di corso come reagiscono, quando la vedono tra i corridoi della facoltà?

«Sono così giovani che non tutti mi riconoscono. E poi, ovviamente, più che nelle lezioni, studio per conto mio, a casa. Come un matto, dappertutto: anche in aereo, anche quando devo volare ad un convegno internazionale. Quest’estate ero in vacanza al mare, mi sono portato una pila di libri alta così. Prendendo appunti sotto l’ombrellone; alla fine avrò studiato già cento ore, per preparare l’esame che darò alla fine di questo mese».

Si alza di scatto, Rutelli. Agguanta  un quaderno, me lo mostra. Esclama: «Ecco, vede, questa è tutta roba mia. Sono decine di pagine scritte a mano, anche dopo notti insonni. In vista della sessione d’esame cancello pure  gli impegni professionali. Ma ne vale la pena, gliel’assicuro. In due anni ho quasi completato tutti gli esami del corso: me ne mancano due, per la laurea triennale. Poi mi piacerebbe prendere anche la specializzazione, magari in urbanistica. Non  escludo di farlo. Intanto con la laurea sarò dottore in pianificazione del paesaggio. Ma non toglierò il lavoro a nessuno. Semmai, potrò dare qualche consiglio ai ventenni che dovranno occuparsi del nostro territorio, così fragile e a rischio, ma di una bellezza unica al mondo».

In questi due anni da universitario le sono capitati episodi divertenti?

Rutelli ci pensa un attimo, sorride, racconta: «Una volta, alla facoltà di architettura di Piazza Fontanella Borghese, altra sede del mio corso, sono entrato spedito e un dipendente mi ha fermato: ‘Dove va, sindaco?’ Sono venuto a riprendermi delle dispense. Le ho dimenticate qui nel 1976. Che dice, le ritrovo?’ Si è messo a ridere, poi gli ho chiesto delle informazioni che mi servivano. Una seconda volta, invece, mi sono rivolto a una persona fuori della segreteria di facoltà dell’Università della Tuscia. Era un usciere, direi, e non era certo di avermi riconosciuto . Cosi, dopo avermi squadrato da cima a fondo e aver valutato la mia età, guardandomi strano ha risposto: ‘Senta, mi sa che ha sbagliato indirizzo».

Scoppia a ridere, Rutelli, proprio nel momento in cui entra Brian, il nipote di cinque anni, il figlio del suo secondogenito Francisco. ” Nonno, giochiamo con le costruzioni, adesso?”. Francesco fa di sì con la testa. “Arrivo, amore”, aggiunge. Istintivamente  al piccolo, delizioso  Brian, verrebbe però voglia di dirgli: lascia in pace nonno, che deve studiare. Non sai che tra qualche giorno ha l’esame? Deve laurearsi, e in questo momento non ha proprio tempo da perdere…..

 




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