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Dopo Renzi, Draghi...?

Dopo Renzi, Draghi...?
Autore: Lucio Giordano - Redazione Politica
Data: 11/10/2016

Facciamo due conti. Tutta la sinistra, compresa quella di ciò che rimane del Pd,  voterà compatta per il NO al referendum. Poi ci sono i 5 stelle. Incerti invece i leghisti, Fdi e Forza Italia. E lo strano malore di Berlusconi a New York, gli incontri sottobanco di Gianni Letta con i renziani, le doti da pontiere di Dennis Verdini, fanno capire che il Patto del Nazareno non è affatto morto, anzi. Ma stiamo parlando di un partito, Forza Italia, che ormai non arriva al dieci per cento degli elettori, a voler essere ottimisti.

Dunque Renzi, almeno ufficialmente, la battaglia per il sì la sta combattendo pressoché da solo e le energie che sta sprecando in giro per L’Italia, meriterebbero ben altri obiettivi. Economici, ad esempio, per risollevare un Paese sempre più impoverito e arrabbiato. Certo, alla Jp Morgan e alla Goldman Sachs saranno sicuramente contenti del loro pupillo. Ma sommando chi detesta Renzi per la sua arroganza, chi è convinto che la riforma dell’attuale presidente del consiglio sia in realtà una schiforma e chi  politicamente vuol buttare giù Matteo, costi quel che costi, il risultato finale è un ragionevole 80 a 20 per il No. Basta guardarsi intorno, parlare con la gente, per capire che l’esito è scontato.  Matteo contro tutti. Poche storie.

 Se tutto venisse contenuto nella correttezza istituzionale queste sarebbero quindi  le cifre. Renzi, che la riforma costituzionale l’ha voluta in tutti i modi, insieme con l’Italicum imponendo fiducie su fiducie al parlamento, ne è perfettamente consapevole. Ha sguinzagliato per giorni e giorni la Boschi, per la ‘pampa’ argentina, alla ricerca del voto degli italiani all’estero. Ma anche dando credito a Maria Elena , che sicuramente avrà fatto un buon lavoro, siamo ancora ad un 75 – 25. Con i rappresentanti del comitato del No, vigili a controllare il 4 dicembre le schede una ad una, stavolta poi  non ci si sposta di un millimetro. Matteo vola da una parte all’altra dell’Italia  a spese nostre per raccogliere voti, agendo in maniera quantomeno scorretta, essendo il presidente del consiglio  che dovrebbe essere al di sopra delle parti? Diciamo che qualche altra percentuale sarà bravo a rosicchiarla. Con l’aiuto della stampa italiana, mai così disponibile ai richiami di un governo, arriviamo ad un 70-30.  Ma non basta ancora.

Il confronto con il professor Zagrebelsky, non ha spostato di una virgola le percentuali. E cosi, quando a furor di popolo gli hanno chiesto di partecipare ad un faccia a faccia televisivo con Massimo D’alema, Matteo ha risposto a pernacchie. Giusto ieri ha rilanciato: con D’Alema no, ma con Berlusconi sarebbe un confronto interessante. Ma Renzi crede che gli italiani siano scemi? Quale confronto interessante? Matteo e Silvio sono una faccia, una razza. Stessa cosa, stesse idee, stesso orientamento politico: destra radicale. In pratica, sono agli occhi degli italiani, come  padre e figlio. Sarebbe una pantomima per abbocca – gonzi. Che sono sempre di meno per la verità. E allora restano la Bce e  la troika a tirargli la volata. Gli unici.

Ieri  a Washington, durante una riunione del Fondo Monetario, Il commissario agli Affari economici dell’Ue Pierre Moscovici ha rilasciato una dichiarazione che non si sa se prendere sul serio o considerare una battuta . In Italia ”c’è una minaccia populista. E’ per questo che sosteniamo gli sforzi di Renzi affinché sia un partner forte all’interno dell’Ue. la Commissione  è pronta a “considerare” le richieste italiane di flessibilità per “le spese per i rifugiati” e per il “terremoto””.  Assist perfetto. Altrettanto pronta, però,  la risposta di molti al buon Pierre: più che una minaccia è una realtà. Il populismo di Renzi supera infatti  di gran lunga quello di Berlusconi. Il che è tutto dire.

Si potrebbe chiudere qui il discorso, se non fosse che nella realtà la situazione di Renzi è ormai più che disperata. Anche se perdesse 60 a 40, come è probabile, il risultato non cambierebbe. Per l’attuale presidente del consiglio siamo dunque all’ultimo giro di pista. Prova ne sia che anche il financial Times, qualche giorno fa, ha iniziato a prendere le distanze dal Referendum costituzionale di Renzi. Insomma, il mondo della finanza lo sta scaricando. Del resto, il compito per cui era stato chiamato, l’ha svolto egregiamente: il jobs act, le disuguaglianze sociali sempre più nette tra la popolazione, la riduzione dei salari, la distruzione scientifiche del pd,  cioè del partito progressista italiano,   qualche accenno di privatizzazione, che non guasta mai. Tutte politiche chiaramente di destra, destra liberista. Obiettivi centrati. Se avesse vinto anche il referendum,  Renzi avrebbe avuto la riconoscenza imperitura di Jp Morgan e di tutto il mondo della finanza. Ma va già bene così. Dopo gli scempi dei governi Berlusconi e Monti, anche lui ha fatto la sua parte per definire meglio il laboratorio Italia, che prevede la schiavizzazione della gente.

La sua forza propulsiva però si è esaurita. Almeno quattro italiani su cinque , non lo sopportano più. E quel mondo lì ha insomma deciso di dargli il benservito. Altro che Renzi bis, dunque,  come immagina Verdini. A dicembre, una volta sconfitto,  Matteo verrà sostituito. Tra l’altro, sarebbe capitato  diversi mesi fa, se i 5 stelle non avessero sommato errori ad errori. Ma questo è un altro discorso. Chi prenderà il suo posto? Si fa il nome di  Letta, per traghettare il Paese verso la fine naturale della legislatura. Ma quello di Enrico è un nome debole, agli occhi della finanza, altrimenti non lo avrebbero destituito, nel febbraio 2014. Un altro nome che gira è quello del figlio della regista Cristina Comencini, Carlo Calenda, attuale Ministro dell’economia. Ma anche il suo è un nome debole e il ragazzo è fin troppo giovane ed inesperto per tenere saldamente in mano le redini del Paese.

E’ chiaro allora  che alla troika, agli Stati Uniti, a Wall Street e alla City, in serie ambasce sull’Italia, serve un nome gagliardo per mantenere saldamente  il timone . E l’unico in grado di farsi rispettare è Mario Draghi. L’attuale presidente della Bce non avrebbe voglia di muoversi da Francoforte. Ma quando mamma chiama, anche i primi della classe sono costretti a rispondere sì. E lui lo farà. In fondo, sull’Italia si gioca molto del progetto liberista mondiale. Sarebbe il primo tassello importante, che poi riguarderebbe la Francia, e poi la Germania e  l’Inghilterra. Se salta quello, saltano anche gli altri. E tutto va in vacca.  Inevitabile.

E’ chiaro però che questo ritorno al medioevo che ci vorrebbero imporre, non piace né agli italiani e nemmeno al resto d’Europa. Il no, sarebbe a conti fatti,  il primo passo verso l’inizio della  resistenza italiana. Perché una cosa è sicura: non vogliamo certo farci bloccare il futuro da Matteo Renzi. E, se è per questo, nemmeno da Mario Draghi.

 

 




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