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L'argomento è tra quelli più scottanti e difficili da affrontare: le donne e l'uso indiscriminato che gli uomini fanno di loro, trattandole come oggetti. In questo caso diventa ancora più tragico il racconto portato in scena da Isabel Russinova in "Safa e la sposa bambina", tratto da una storia vera, realmente vissuta da una donna e da quella sposa bambina che ha trovato per caso. Il luogo aumenta la tragicità della storia, perché la Siria è il posto in cui si combatte ormai da cinque anni una guerra interna che ha portato tanti morti, in una cultura in cui la situazione delle donne resta quella uguale in tutto e per tutto alla merce di scambio tra uomini. Andato in scena il 1 marzo al Teatro Palladium di Roma, il teatro dell'Università di Roma 3, che non è nuovo a portare in scena, in questo meraviglioso progetto nato all'interno del quartiere romano della Garbatella, argomenti di forte impatto sociale, come è "Safa e la sposa bambina" di e con Isabel Russinova, per la regia di Rodolfo Martinelli Carraresi. Sostenuto da Amnesty International, lo spettacolo, un monologo in cui la protagonista racconta la sua esperienza reale, ci porta a riflettere sulla situazione delle bambine, 8/9/10 anni, vendute dalla famiglia a uomini di 40/50 anni più grandi, per sanare debiti, per guadagnare, per ottenere alleanze. Una pratica del tutto normale in una cultura in cui la donna assume difficilmente un valore nella società. Per questo, se si aggiungono stupri e violenze, fisiche e mentali, il tutto resta davvero nell'oblio. È una situazione, questa, però, che associazioni come Amnesty International e uomini e donne coraggiose, stanno cercando di porre fine attraverso l'istruzione, il dialogo con le istituzioni e il cambiamento delle ideologie e della cultura. È proprio la cultura, quel "mostro pauroso" che gli "uomini neri" temono in ogni sua forma, che aiuta non solo le donne a prendere coscienza di sé, ma anche gli uomini a offrire rispetto, verso gli esseri simili a loro. In scena viene raccontato propri una storia così, di paura, di morte, di sofferenza, ma anche si riscatto, di lotta, di voglia di vivere, perché le donne, le bambine che hanno subito violenze, continuano a voler vivere, a ricercare una possibilità di "normalità" per se stesse e per chi ha subito le stesse violenze. Non a caso, accanto allo spettacolo, ruota l'associazione, ma anche incontri con i giovani, per spiegare, far conoscere quanto sia difficile essere donna in paesi in cui non vi è considerazione della donna. Una intensa ed emozionante Isabel Russinova racconta, sul palco, questa vicenda tanto dura quanto intrisa di speranza e di voglia di cambiamento, in una scenografia assente, dove il nero del suo abito contrasta con il bianco della ballerina che rappresenta la giovanissima moglie ripudiata e venduta perché fuggita da suo marito. Se la storia è interessante, istruttiva, emozionante e l'attrice coinvolgente, lo è meno la performance della giovane ballerina, come può esserlo la scenografia assente e sicuramente troppo oscura. Per il resto il testo è sicuramente un ottimo spunto per intavolare conversazioni, dare input ai giovani e meno giovani, portando all'attenzione non solo delle persone, ma anche delle istituzioni, fenomeni che umanamente annullano i diritti delle donne, che in primis sono persone. Alla stessa dovrebbero essere portati in ordine e con cognizione di causa, schiere di studenti, non solo universitari, ma anche delle scuole superiori, perché da queste espressioni artistiche, molto più che dalla lettura distratta di un articolo o del telegiornale, si possono apprendere verità che spesso si preferisce non vedere. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 04:43:10 |
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