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Recensione: 'Per non morire di mafia, di Pietro Grasso' - al Teatro Ghione

Recensione: 'Per non morire di mafia, di Pietro Grasso' - al Teatro Ghione
Autore: Recensione della nostra inviata Teresa corrado
Data: 28/02/2016

 

Il teatro Ghione di Roma "non teme" di portare in scena uno spettacolo sociale, accattivante e di impatto notevole. È "Per non morire di mafia" di Pietro Grasso, regia di Alessio Pizzech con Sebastiano Lo Monaco e racconta la storia di Pietro Grasso, della sua scelta di vita lavorativa, del suo essere siciliano, ma soprattutto del suo lavoro fatto al fianco del pool di magistrati che nel 1985 istituirono il più grande processo alla Mafia siciliana. Si parla del suo lavoro, ma anche della vita sotto scorta, delle minacce ricevute, della famiglia e soprattutto della moglie che ha sempre condiviso la vita di Grasso.

Un monologo in prima persona, dove l'attore recita la parte di Grasso e spiega aneddoti, sfaccettature, ma anche il rapporto con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, divenuti, solo dopo la loro violenta morte, simbolo della lotta alla mafia. Ed è la mafia al centro della storia, insieme alla giustizia, che anima da sempre chi si dedica alla magistratura. Associazione che per anni è stata negata, nascosta, è venuta alla luce proprio grazie al sacrificio di tante persone, soprattutto magistrati, commissari, uomini delle forze dell'ordine, politici e giornalisti che non si sono mai tirati indietro e che hanno sempre indagato alla ricerca della verità, della giustizia.

Si parla anche di giustizia, di potere, nel racconto che ci porta alla mente quegli anni di stragi, di carte giudiziarie, di pentiti e di morte. Ed è un abile che racconta, si impersona nella figura dell'uomo che ha scritto, raccontando, queste scene di vita giudiziale e personale.  Ma ci sono anche momenti che fanno sorridere, come la fuitina del giudice in compagnia della moglie mentre erano sotto scorta e conseguente sparizione della sua moto.

Un invito a vederlo per tutti i giovani studenti, che non hanno vissuto quegli anni, ma che ne hanno, forse, sentito sommariamente, che non conoscono i retroscena, gli articoli che spesso si contraddicevano, ma anche per chi ha vissuto quei momenti difficili, per ricordare. E come viene detto nello spettacolo, l'importante è parlarne, parlarne sempre, perché anche se non siamo in situazioni di stragi, ma mafia ha affinato le sue armi ed è proprio adesso che parlarne è più importante, perché "l'indifferenza è il peso morto della storia".

Sulla scena una grande lavagna, alle spalle di una sedia dove si siede il protagonista per parlare con il pubblico, raccontare e spiegare con enfasi, coinvolgendo lo spettatore e attirandone l'attenzione. L'argomento è importante e merita il rispetto del silenzio. Lo comprendono anche i giovani presenti in sala che ascoltano con attenzione.

Rilevante importanza ha la lavagna sulla quale Sebastiano Lo Monaco scrive offrendo appunti e momenti del racconto da focalizzare. Significativa è anche la scrivani, sulla quale, virtualmente, sono posizionati i faldoni del maxi processo, quello che ha dato inizio alla vendetta della mafia.

Da questo testo esce la necessità di risvegliare le coscienze, soprattutto dei giovani, donando speranza, suscitando una presa di posizione decisa, riportando il teatro alla sua funzione civile.




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Data:10/08/2013
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