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La Grecia non fallira': dubbi, riflessioni, conferme

La Grecia non fallira': dubbi, riflessioni, conferme
Autore: Il Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 02/07/2015

Le grandi crisi economiche planetarie che hanno sconvolto l’esistenza umana e gli assetti geopolitici mondiali nell’ultimo secolo, hanno sempre le stesse radici: gli USA. Dopo il ventennio della grande depressione che si verificò fra il 1873 e il 1895 e che partì dall’Europa, e  fu’ il primo grande evento di tal genere e tali proporzioni accaduto sul pianeta, dalla famosa crisi del ’29 ad oggi, a capitanare gli smottamenti in campo economico e politico internazionale ci pensa sempre la grande potenza mondiale ed economica statunitense, base delle lobby più potenti del mondo.

Quella che viene chiama ancora semplicemente “crisi economica internazionale” è di fatto un lungo e disastroso periodo di depressione, che ha gli stessi contenuti ed effetti sulla popolazione della grande depressione della fine dell’800. Allora come oggi, il perdurare della crisi finanziaria realizzò la perdita del diritto al lavoro con milioni di disoccupati precipitati nella disperazione, abbattimento dei livelli salariali, la perdita di diritti civili per le popolazioni, e anche, l’abbattimento di quei sindacati che stavano sorgendo e sviluppandosi a sostegno dei lavoratori che mai prima avevano pensato di poter avere diritti nei confronti dei “padroni”.

Paradossalmente, sia il ventennio della “grande depressione” dell’800 sia la crisi del ’29 e gli strascichi che portò a livello mondiale, giunsero dopo lunghi periodi di benessere economico per tutti. Un poco come ciò che è accaduto da noi, dopo gli anni ’80 che tutti abbiamo vissuto come un periodo di nuovo boom economico. Sembra che, storicamente, a un periodo di anni di benessere debba sempre giungere un periodo nero di grave depressione. Parallelamente, durante ogni grande crisi economica internazionale, all’abbattimento dell’economia popolare e all’abbattimento dei diritti civili, corrisponde sempre un arricchimento delle classi abbienti e un aumento conseguente della cosiddetta “forbice” che stabilisce la distanza fra i veramente ricchi e i veramente poveri.

Un andamento altalenante quindi, che sembra voler in qualche modo fornire periodi di “buona” per tutti a periodi in cui alle popolazioni viene inflitto l’onere di subire strategie politico-economiche internazionali, che sembrano avere il solo scopo di tornare indietro sui passi effettuati sulla strada della civilizzazione e dell’ottenimento di diritti umani conquistati – apparentemente – col beneplacito della politica internazionale. Un controsenso. Da un lato si concede dall’altro si toglie, strategicamente, dopo qualche tempo. Un effetto elastico: sembra che ceda, che si conceda, ma poi eccolo tornare indietro rapidamente verso la mano che lo tiene ben stretto.

Una lunga crisi economica, serve ai potenti di tutto il mondo a controllare le masse, a decidere le strade da percorrere, a imporre diktat, a chiedere la remissione dei diritti acquisiti. Le popolazioni, costrette a subire per lungo tempo la modificazione dello stile di vita e delle aspettative, non possono che cedere pur di sentirsi garantire un minimo di sopravvivenza.

Ciò che sta accadendo alla Grecia, ed è il terzo tentativo di default dal 2010 ad oggi che questa nazione rischia senza però mai cadere nel burrone definitivamente, è il test che l’Europa e le potenze economiche e politiche internazionali stanno effettuando per verificare gli effetti di determinati criteri e programmi. Uno fra tutti il Trattato Esm o Fondo Salva Stati. Sintetizzando al massimo, il Trattato ESM è il nuovo fondo monetario internazionale europeo che, dal 2013, dovrebbe esistere a garanzia delle nazioni europee che a causa della crisi non riescono ad assolvere i debiti contratti con le altre nazioni. Sembra una buona cosa, descritto così.

Purtroppo non è una buona cosa dal momento che – ad esempio – le aberranti richieste di riforme strutturali che ogni nazione europea da tempo è chiamata a realizzare, fanno proprio parte del programma del Fondo Salva Stati che può sostenere economicamente gli stati dell’Unione Europea ma solo a patto che questi mettano in atto tutte le richieste di Bruxelles. E queste richieste sono solo una grande minaccia per i cittadini delle nazioni. Si pensi alla Riforma Fornero, al recente Jobs act, all’ultima riforma della scuola. Riforme che fanno tornare indietro di un secolo i diritti civili acquisiti nell’ultimo secolo. Oltre ciò, non va dimenticato che i prestiti effettuati attraverso il fondo europeo, hanno interessi salatissimi e ciò non fa che alimentare i debiti dei debitori, rendendoli schiavi economici a tempo indeterminato.

E secondo voi, chi genera le somme del Fondo salva Stati che ha nominalmente un valore di circa 700 miliardi di euro? Faccio un piccolo esempio: l’Italia ha contribuito con una fetta pari a 14 miliardi di euro, erogati attraverso l’emissione di titoli di Stato. Lo Stato italiano in questo modo, genera di fatto una passività nei bilanci nazionali che diviene un attivo nel momento in cui la somma viene versata al fondo europeo. Quando uno stato è a rischio default, gli stati membri che hanno generato il fondo, garantiscono con la propria quota azionaria ma poiché ogni Stato ha un diverso livello di solvibilità e affidabilità, a ognuno viene calcolata una percentuale di interessi diversa e basata sulle regole -  assurdo ma vero- delle obbligazioni CDO, quel complicato mezzo di investimento che, promettendo in un’unica soluzione tutte le tipologie di rischio per gli investitori, hanno causato l’esplosione della crisi dei mutui datata 2007. L’inizio del finimondo internazionale.

Tornando al tema principale: la Grecia entrerà in default? Si, no, forse. In effetti, a chi converrebbe che questo accada? Non alla politica europea, che ha tutto l’interesse di far vedere al mondo intero come l’Europa sia in grado di risolvere le bagarre economiche interne imponendo riforme-sanatoria e divenendo controllori di se stessi. Come potrebbe poi avere ancora voce in capitolo una Comunità Europea che perde aderenti alla propria moneta unica? Sarebbe il fallimento dell’intera UE. Non conviene alla Russia, che guarda alla Grecia come una grande opportunità di mettere la propria bandiera su un territorio ad alto valore strategico come la Grecia. Non conviene all’Italia, troppo prossima territorialmente ai vicini ellenici, cui potremmo ridistribuire qualche decina di migliaia di migranti in sovrappiù e senza dimenticare che a oggi, l’Italia ha partecipato con 36 miliardi di euro al sostegno del mantenimento della Grecia all’interno della Comunità europea e di conseguenza, non giova alle altre nazioni europee che, come noi, hanno i loro pacchetti azionari che sono a disposizione della Grecia che, saltando in aria, farebbe volatilizzare altri miliardi e altre nazioni. Effetto domino, si chiama.

Se così non fosse, la Grecia sarebbe fuori dall’Europa già dal 2010. Quando attraverso il primo piano di aiuti pari a 110 miliardi di euro, la BCE, il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione Europea consentirono alla Grecia di restare a galla. Azione replicata nel 2011 con un taglio netto del debito di 100 miliardi di euro.

Se la Grecia fallisse, l’effetto domino sarebbe assicurato dalla caduta a precipizio di tutte le nazioni europee garanti, che vedrebbero ridurre in polvere il proprio pacchetto di aiuti. Come ha ben spiegato nel suo libro “Il Minotauro globale”, il Ministro greco dell’Economia Varoufakis.

Insomma, ricapitolando: la questione importante non appare essere il fallimento della Grecia quanto il portare avanti un programma di totale assoggettamento delle popolazioni alle regole vessatorie imposte dalle potenze occidentali. Prima fra tutte, quella statunitense, che sarà pure lontana territorialmente ma molto vicina in quanto a pressioni e richieste costanti di aderire a un patto di unipolarismo che ha invaso il mondo in maniera invisibile ma altamente strategica. Tutto il resto è pura rappresentazione teatrale.

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