Duramente colpita dalle sanzioni economiche imposte dai paesi occidentali causate dal conflitto scoppiato con l'Ucraina, la Russia sta percorrendo un periodo poco roseo per ciò che riguarda l'economia interna. Se a ciò si aggiunge l'abbattimento del costo del petrolio, uno dei maggiori canali di esportazione per la Russia, il quadro generale appare evidentemente compromesso.

Il rublo ha quindi subito una forte svalutazione perdendo oltre il 50% del suo valore sui mercati economici.

Un po' per migliorare la situazione un po' per attirare consensi, il Presidente Vladimir Putin ha annunciato che rinuncerà al 10% del suo stipendio e che la stessa misura riguarderà tutte le alte cariche istituzionali, coinvolgendo così anche il Presidente del Consiglio Dmitrij Medvedev,  il presidente del comitato d'inchiesta Aleksandr Bastrykin, il procuratore generale Jurij Chajka, i 450 deputati della Duma, il Parlamento russo, e tutti gli impiegati che lavorano per il Governo.

Per quanto questa notiza possa apparire positiva ed accolta positivamente dalla Duma, è bene ricordare che nell'Aprile 2014 fu proprio il Presidente Putin a decidere di triplicarsi lo stipendio, sostenendo che quello che percepiva era troppo basso per il ruolo che ricopriva. Di conseguenza, un taglio del 10% appare - a fronte di uno stipendio triplicato - una piccola presa in giro populista e c'è chi ha già fatto i conti: malgrado il taglio del 10%, considerando la triplicazione precedente, di fatto Putin continuerà a percepire  uno stipendio di 2,7 volte superiore a quello che era stato stabilito fino al 2014

Una mossa che impone attente riflessioni.