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1 febbraio 1945, in Italia viene introdotto il suffragio universale e il 2 giugno del 1946, nel referendum per la scelta tra Monarchia e Repubblica, per la prima volta votarono anche le donne. Resto sempre più sconcertata dalla lentezza della burocrazia italiana. Il voto alle donne è stato approvato solo dopo la seconda guerra mondiale e a volte mi chiedo perchè. Prima della stessa, il potere e la considerazione delle donne erano solo rivolte al focolare e al partorire numerosi figli che, per i nobili erano l'assicurazione della discendenza e del potere anche in caso di morte prematura dei figli, in quegli anni molto diffusa, per i più poveri, braccia per lavorare nei campi anche gratuitamente, per la famiglia, perchè c'era bisogno di sfamarla. La donna non aveva nulla per essere felice, anche se era l'oggetto delle poesie, la musa ispiratrice delle opere, una dea da mettere su un piedistallo o lasciar cadere nella polvere. Soggetta al marito in tutto e per tutto, non aveva alcun diritto istituzionale. Nel ventennio fascista, molte, con orgoglio e caparbietà, cercarono di uscire da quel contesto, cercando di portare le donne ad una consapevolezza della loro intelligenza, mai minore agli uomini e della loro importanza politica. Per le donne era obbligatorio il pagamento delle tasse, ma non il diritto al voto e quindi alla vita politica del paese. Eppure le grandi potenze democratiche come Inghilterra, Stati Uniti, non sono le prime a concedere uguaglianza alle donne. Il primo paese a concedere il voto alle donne europee è la Nuova Zelanda, colonia inglese, nel 1893. In Inghilterra e negli Stati Uniti, si combatte ancora attraverso associazioni che cercano di ottenere questo diritto, precisamente National Union of Women's Suffrage e National American Suffrage Association. Intanto altre colonie inglesi si adeguano alla parità, nel 1902 è l'Australia a consentire alle donne di votare, seguita dalla Finlandia, primo paese europeo che nel 1906 concede lo stesso diritto. Gli Stati Uniti si scontrano con le differenti problematiche di avere lo stato diviso in più nazioni. La California, avanguardia dell'ovest, è il primo stato che approva nel 1911 il voto alle donne attraverso un referendum, seguita da altri sei stati dell'ovest. Un ano dopo lo stesso accade in Kansas, Oregon e Arizona. Prima dell'inizio del primo conflitto mondiale, altri stati si adeguano all'uguaglianza: 1913 lo fa la Norvegia, 1915 è la volta di Danimarca e Islanda. La Russia approva dopo la rivoluzione di febbraio 1917, in piena guerra. Negli Stati Uniti, invece, quando le suffragette, nonostante il conflitto, chiedono la parità, con manifestazioni e picchetti, il diritto al voto, queste vengono a arrestate e condannate. Il vento del cambiamento e la forza delle donne, che non si arrendono alla richiesta di uguaglianza, supportate anche dal successo delle stesse in altre nazioni considerate all'avanguardia sui diritti alle donne. Così il 1918 vede la svolta positiva in Canada. In altri stati il diritto di voto alle donne è soggetto a limitazioni, ciò avviene anche in Inghilterra. Nel 1919 anche in Italia viene approvato il diritto di voto alle donne, ma è subordinato all'autorizzazione maritale. I parlamentari di Austria, Germania, Olanda, Polonia e Lussemburgo, invece, sempre nel 1919, approvano il diritto di voto senza limitazioni. Per gli Stati Uniti la strada è ancora in salita. Solo nella notte tra il 3 e 4 giugno 1920 il Senato approva il 19° emendamento che fa ottenere alle donne il voto alle stesse condizioni degli uomini. Lo stesso accade in Cecoslovacchia. Nel 1921 è la volta della Svezia mentre la Birmania è la prima nazione asiatica ad approvarlo, nel 1922. Il Fascismo prova a concedere lo stesso diritto alle donne italiane attraverso la legge "Sull'ammissione delle donne all'elettorato amministrativo" legge del 9 dicembre 1925, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, ma nel febbraio del 1926 le elezioni amministrative vennero abolite. Finalmente nel 1928 è la volta dell'Inghilterra e dell'Irlanda, che approvano il voto alle donne con le stesse modalità riservate agli uomini. Lo stesso anno l'Ecuador estende il diritto alle donne del proprio paese, divenendo la prima nazione dell'America Latina a farlo. Negli anni l'Italia viene comunque anticipata dal Sudafrica che nel 1930 concede i voto alle donne bianche, mentre con limitazioni e differenze, dal 1931 al 1939 lo stesso è concesso da Spagna, Portogallo, Bolivia, Thailandia, Ceylon, Cuba, Cuba, Costarica, Pakistan, Turchia, Uruguay. Ci pensano anche Panama, Repubblica Dominicana e Mongolia, ad estendere il voto universale alle donne. L'Italia deve attendere il 1 febbraio del 1945, a termine della guerra e prima del referendum per la scelta tra Monarchia e Repubblica. Scontro frontale fra la richiesta di voti per vincere il referendum, visto che le donne italiane che escono da un conflitto mondiale, non hanno avuto tempo per riflettere e prepararsi alla consapevolezza della loro fortuna e dell'importanza che esso può avere i futuro per le scelte della vita politica e sociale, oppure solo desiderio di accodarsi alle uguaglianze sociali delle donne europee e americane? Il dilemma non ha una soluzione. Dalla fine della seconda guerra mondiale, però, moltissime altre nazioni si adeguano approvando questo diritto. Lo fanno Francia, Brasile, El Salvador, Romani e Albania nel 1946, Argentina, Bulgaria e Venezuela nel 1947, Corea ed Israele nel 1948, mentre il Belgio, nello stesso anno, lo estende a tutte le donne. Via via tutte le altre nazioni continuano a concedere il diritto alle donne, dove spesso vengono inserire anche attivamente nella vita politica, come accade in Cina, dove la percentuale delle donne nelle votazioni, supera il 20% alla fine della marcia del 1949. Il Liechtenstein deve attendere il 1984. Dieci anni dopo il Sudafrica apre finalmente il diritto di voto anche ai blacks. In molti paesi, però, come quelli africani o sotto l'egemonia del potere della religione musulmana, questo diritto non è stato ancora approvato, o se lo è, è soggetto all'approvazione di un familiare maschile. Non solo, ma negli anni, anche se il diritto di voto è esteso alle donne, non sempre la società è aperta alle uguaglianze sociali, una lotta che continua a portare le donne ancora in piazza, cercando di ottenere quei diritti reali che spesso restano solo sulla carta. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 22/11/2024 09:52:23 |
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