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Condanne definitive per gli assassini di Lea Garofalo

Condanne definitive per gli assassini di Lea Garofalo
Autore: Teresa Corrado - Redazione Cronaca
Data: 20/12/2014

Giustizia per Lea Garofalo. Era quello che da tempo chiedeva la figlia Denise, che si è vista strappare la madre in modo atroce. Giustizia è stata fatta. La Cassazione ha confermato i quattro ergastoli e la condanna 25 anni, che erano stati emessi dalla Corte d'Assise d'Appello di Milano il 25 maggio del 2013, agli imputati del processo, tra cui figura anche l'ex compagno della Garofalo il quale è anche il padre di Denise.

Gli ergastoli sono stati confermati a Carlo Cosco, appunto l'ex compagno di Lea Garofalo, al fratello di questo, Vito, a Rosario Curcio e Massimo Sabatino che hanno partecipato all'uccisione della donna e alla fase di occultamento del cadavere. Uno sconto della pena, già prevista dalla Corte d'Assise d'Appello, c'è stato per Carmine Venturino perchè, grazie alle sue dichiarazioni, gli inquirenti sono riusciti a ritrovare i resti del corpo della donna che aveva deciso di non arrendersi alla 'ndrangheta.

Lea Garofalo, testimone di giustizia, fu rapita dall'ex compagno a Milano e uccisa il 24 novembre del 2009. Il suo corpo fu bruciato per impedirne il ritrovamento. All'inizio gli investigatori pensavano che il corpo fosse stato sciolto nell'acido, invece, dopo il processo di primo grado, Venturino fece ritrovare i resti della donna. Fu lui che raccontò come la donna venne prelevata a Milano con l'inganno, quindi, poichè non aveva intenzione di ritirare le accuse contro il suo ex compagno, fu uccisa e bruciata in un magazzino a Monza.

I resti della donna furono rinvenuti in un tombino, tre anni dopo l'omicidio, perchè, nonostante le indagini, gli inquirenti non riuscivano a trovare nessun indizio utile che riuscisse a far scoprire il luogo dove la donna era stata tenuta prigioniera e poi uccisa. Un aiuto importante, durante le indagine, è stato dato anche dalla figlia Denise Cosco, che, per riuscire a trovare le prove di colpevolezza dell'omicidio, ha vissuto per un periodo di tempo con il padre. Un coraggio che le è costata la libertà, visto che la giovane adesso è una testimone di giustizia e vive protetta dalle forze dell'ordine.

La Cassazione ha inoltre condannato tutti gli imputati a pagare le spese processuali e al risarcimento alle parti civili, fra cui figurano la figlia di Lea Denise e il comune di Milano, nel quale la donna fu rapita.




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