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Selfie: mania e moda o solo autocommiserazione?

Selfie: mania e moda o solo autocommiserazione?
Autore: Susanna Schivardi - Redazione Attualita'
Data: 23/09/2014

La parola dell’anno 2013, secondo l’Oxford Dictionaries, è selfie e il 2014 non ha voluto smentire questa moda dilagante. In giro è pieno di turisti che oltre a farsi l’autoscatto più famoso al mondo, abbarbicati su ogni ponte e in bilico sulle balaustre dei monumenti, hanno con sé l’asta su cui appoggiare l’I-phone che verrebbe la tentazione di chiamare terzo braccio. Ben meno adeguato di un arto, questo marchingegno diabolico pare più importante di una funzione vitale qualsiasi, perché facilita la foto auto scattata con un minimo sforzo.

Dagli adolescenti in bagno appoggiati ai muri, agli animali in posa nella foresta, alle ragazze troppo belle, le coppie in cima alle montagne e quelli che poco prima di morire ancora ridevano, il selfie cattura tutto, fagocita, nel mondo del possibile, volti, occhi, sguardi, anime e finte felicità. Scatenatosi con la nascita dei social, vive di pari passo col narcisismo dilagante di quest’epoca associata ad una accattivante malinconia e ad una aggressiva insicurezza, scolpite dietro i falsi miti della bellezza e della perversione. Il successo con una foto si agita cliccando mi piace tante volte su un’icona improvvisata, per approvazione, per compiacimento, per farsi battezzare dal mondo social come vincente.

E gioire, nel chiuso di una stanza grigia del proprio successo con il nulla che sventola attorno le sue bandiere di disfacimento. L’immagine in sé che si esteriorizza e non dimostra nulla, nulla imprime, nulla regala. E’ un sorriso, irrisoriamente sempre uguale, distorto, forzato, privo di cuore e anima, che dalle foto sempre vuole sgorgare e inondare chi lo guarda.

Chi si fa i selfie? Chi è insicuro, chi soffre della negazione altrui, dell’indifferenza e chi, sempre, ovunque e comunque, vuol dare prova all’esterno di dove sta, di che cosa fa, non di che cosa pensa però. Magma inconsistente che si mescola a mille altri volti tutti uguali, farsi un selfie per farsi conoscere, e allo stesso tempo, auto negarsi alla verità della propria identità standardizzata.

Non si è nessuno e si diventa centomila insieme, come ha detto anni fa un grande scrittore, e quell’uno per se stessi non sa nemmeno più distinguersi dal resto degli altri che stanno facendo lo stesso medesimo gesto, nel medesimo istante.

Poco tempo fa è stato pubblicato anche il selfie nello spazio, e questo forse, nell’era dell’innovazione accelerata, è un grande obiettivo, sull’universo, per farci vedere come una sonda può atterrare su una cometa, alla ricerca delle nostre origini.

Ma dietro ad un volto, seppur bello, frutto di un autoscatto, fatto secondo le regole del “altezza occhi ma non troppo, labbra increspate, occhi languidi, lingua di fuori, sorriso non eccessivo, testa inclinata” che cosa vogliamo trovarci? Spesso e volentieri non si intuisce nemmeno lo sfondo della foto, la gente per farsi un selfie è morta, allora tanti preferiscono farselo tra le mura domestiche, magari con uno stendino alle spalle o la tv accesa su un canale mediaset e la De Filippi che presenta.

Nella serialità del gesto si preveda anche una postata sul social per far vedere a tutti che si esiste. L’esistenza in primo piano, il ci sono che ci tormenta, per sopravvivere fingendo di vivere bene e in armonia, quando invece la struttura fatiscente che sorregge le nostre certezze è proprio la prima a sbriciolarsi sotto la vanità di uno scatto.

Magari si trattasse di narcisismo, perché il narcisista, sorretto invece da una tradizione ben più corposa, è colui che oltre all’autocompiacimento, applica a se stesso e agli altri tutta una serie di regole da breviario che ne fanno un vero personaggio d’autore.

Col selfie invece si denigra l’essere in sé, il da-sein che fa di noi una certezza su questa terra, e finisce per ingoiare compulsivamente l’identità di tutti quelli che travolti dalla forza virale delle immagini, finiscono per omologarsi senza nemmeno accorgersene.

Il fotografo Mario Dondero, che ancora gira con al collo la sua Leika, dice "se l'obiettivo è rivolto sempre verso se stessi, non si vede nulla", noi con lui ci auguriamo che questi obiettivi finalmente si rivolgano di nuovo verso il mondo, che pur chiuso nel suo assurdo, ha probabilmente ancora qualcosa di interessante da offrire alla nostra curiosità.




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