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 La meritocrazia, una valutazione tutta da riflettere

La meritocrazia, una valutazione tutta da riflettere
Autore: Teresa Corrado - Redazione Attualita'
Data: 16/09/2014

La meritocrazia in Italia, non funziona o meglio, non vuole proprio decollare. Per farlo, ha bisogno di qualcosa che va al di là della semplice imposizione, come quella che il premier Matteo Renzi, vuole attribuire alle scuole statali italiane.

Meritocrazia significa riuscire a garantire, in questo caso, all’interno della scuola un servizio ottimale, che dia e produca frutti, che non possono essere realmente quantificabili. Un insegnante non concede solo nozioni, ma anche modi di vita. Non a caso, nelle università italiane si studia il metodo di don Milani e della sua scuola di Barbiana.

Il buon insegnate non vede i suoi frutti al momento, almeno non li vede in modo unitario, ma li vedrà nel tempo e per lui sarà un successo quando il proprio alunno non solo sarà una persona preparata concettualmente, ma avrà anche scelto di essere e vivere da buon cittadino.

Come quantificare il buon successo dell’insegnante? Non ci sono premi di produzione, non ci sono limiti minimi o massimi del raggiungimento di obiettivi. La scuola non è un’azienda. La scuola è la casa del sapere, del conoscere, dell’imparare. Chi usufruisce di questo, non sempre restituisce allo stesso modo e nei tempi previsti, i risultati sperati, per un semplice motivo: noi siamo diversi gli uni dagli altri. Ognuno di noi si muove su binari simili ma diversi ed è questa diversità che ci rende umani.

Questo è uno dei maggiori detrattori della quantificazione di efficienza di un insegnate. Qualcosa che lo allontana dalla meritocrazia. Ma non il solo. Gli alunni, essendo umani, sono soggetti ai cambiamenti e se nell’anno corrente dimostrano di essere bravi a scuola, l’anno successivo, a causa di vari fattori, possono decadere, diventando cattivi recettori delle nozioni loro insegnate. I cambiamenti avvengono di anno in anno, di classe in classe. Come è possibile allora giudicare un insegnante, lo stesso, che vede eccellere i suoi alunni in un classe e vederne decadere in un’altra.

Secondo il “rottamatore” Matteo Renzi, gli insegnanti dovrebbero essere valutati, negli scatti per lo stipendio, con la meritocrazia, di cui saranno garanti il dirigente scolastico e alcuni suoi collaboratori. Un altro tipo di controllo fallace. Conosciamo bene, infatti, la mentalità italiana che vede premiare solo chi ha le conoscenze giuste, chi ha la simpatia giusta, chi ha il rapporto giusto e se pensiamo che nella scuola la cosa sia diversa, dovremmo rispondere, bazzecole. Sì, bazzecole, perché la scuola non è diversa dalla società che ci circonda, dalle “raccomandazioni”, dai “contatti amichevoli”, dagli “amici degli amici”, insomma, dallo stesso “status” che opera in politica, in sanità, all’università, nelle semplici relazioni che ci sono tra persone che lavorano nello stesso plesso da tempo e che ne detengono il “potere”, perché è proprio di potere al primo stadio, di cui si parla.

E se queste non sono buone motivazioni per bocciare la meritocrazia, che ripeto, è totalmente assente in Italia, non credo che viviate in Italia, ma sicuramente in un altro paese.

 




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Data:10/08/2013
Categoria:Politica e Governo
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