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"Se il paradiso è qui sulla terra, esso per certo si trova a Damasco, ma se non può stare altrove che in cielo, in bellezza Damasco lo sfida quaggiù". E' così che, nel 1200, il poeta arabo IbnGiubayr descriveva Damasco. E aveva ragione: la capitale della Siria era davvero la città da Mille e una notte. Oggi di quella bellezza rimane poco. La Siria si è trasformata nel palcoscenico dello spettacolo più grande: la guerra. E' da tre anni che i siriani vivono nell'orrore di un conflitto assurdo, etichettato come "guerra civile" ma in realtà scatenato da interessi che vanno al di là dei confini del Paese. Tra le tante vittime della guerra, ce ne sono alcune che non vengono considerate: i tesori artistici ed archeologici di uno dei paesi più antichi del mondo. E' per sensibilizzare su quest'emergenza che a Palazzo Venezia è stata allestita la mostra "Siria: splendore e dramma", visitabile fino al 31 agosto. La mostra, ad ingresso libero, si apre con una panoramica sul passato siriano, sulle origini di quest'antichissima culla della civiltà, origini che vanno fatte risalire a più di cinquemila anni fa. E' qui che la scrittura, pur essendo stata inventata altrove, iniziò ad essere un vero strumento di sviluppo e progresso. Terra conquistata dall'Egitto ed ellenizzata dagli eredi di Alessandro Magno, la Siria fece parte dell'Impero Romano per settecento anni, diventando un importantissimo nodo commerciale. Le testimonianze di questo glorioso passato vengono riprodotte in fotografie o in copie: tavolette, busti, mosaici, prodotti artistici di un popolo antichissimo e multiculturale. E' nella seconda parte della mostra, però, che entrano davvero in gioco le emozioni. Un documentario, girato da Matteo Barzini, dice quello che mille articoli non riuscirebbero mai ad esprimere. I filmati mostrano cos'è la Siria oggi: bombe e trincee, asinelli e donne che sorridono, chiese in fiamme e minareti che crollano. Bambine che cantano e tesori del passato distrutti: come il Krak dei Cavalieri, fortezza dell'Ordine dei Cavalieri di Malta, mille anni di storia. O la Grande Moschea di Aleppo, risalente a milletrecento anni fa, il cui minareto è andato distrutto durante i bombardamenti. Le musiche di Ennio Morricone fanno il resto. Sembra disumano parlare di moschee e costruzioni con così tante vittime umane. Sembra di metterle in secondo piano rispetto a torri e mattoni. Ma bisogna riflettere su ciò che simboleggiano questi edifici, costruiti dai trisavoli degli uomini e le donne che oggi subiscono quest'enorme violenza. Prevedere come e quando finirà questo conflitto è difficile, considerando anche il fatto che ci viene proposta un'immagine distorta della realtà. Ma quando finirà, sarà importante per il popolo siriano avere qualcosa che ricordi il passato, la tradizione e i millenni di storia che gli appartengono.
Quanto avremmo perso noi italiani, e con noi il mondo intero, se durante la Seconda Guerra Mondiale le bombe avessero distrutto la Cappella Sistina o Ponte Vecchio? |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 25/11/2024 14:17:24 |
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