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“Scusate il ritardo” è una delle maglie più in voga tra gli attaccanti che passano qualche partita di troppo senza segnare gol, potrebbe benissimo essere adattata alla nazionale tedesca, sul tetto del mondo dopo 24 anni. Neanche troppi in realtà, se non fosse che nel 2002, 2006 e 2010 i panzer sono sempre arrivati almeno in semifinale, salvo perdersi a pochi passi dal traguardo, specialmente nel loro mondiale di casa a noi particolarmente caro. Chi aveva ancora in mente la semifinale con il Brasile sarà rimasto deluso, ma era abbastanza prevedibile che chi tra Olanda ed Argentina l’avesse spuntata avrebbe avuto un atteggiamento diverso dai verdeoro. La Germania aveva già esposto tutto il suo potenziale con i 7 gol in trasferta, vale a dire nessun segreto per gli avversari. Chi aveva ancora in mente la semifinale Argentina-Olanda, beh è rimasto deluso uguale, se consideriamo un solo gol in 240’ di gioco e una mole di occasioni da rete non all’altezza dei nomi visti in campo. Più la paura di scoprire il fianco e perdere che la voglia di stupire. In questo, ma solo in questo, un passo indietro rispetto alla squadra di Maradona di quattro anni fa in Sudafrica. Allenatore che sì, non usava alcuna logica - non poteva essere diversamente dato il personaggio - ma la filosofia del “gol in più” garantiva spettacolo, alla peggio si perdeva in contropiede ma niente reti bianche. La storia recentissima dei mondiali insegna che le squadre materasso non esistono più, paradossalmente il peggiore dal punto di vista degli equilibri è stato il Brasile, 10 gol al passivo fra semifinale e finale terzo posto. Anche Iran e Giappone hanno lasciato il mondiale a testa alta, impensabile qualche tempo fa, così come vedere una Costa Rica qualsiasi ai quarti di finale. Il folklore di alcune compagini ha lasciato spazio all’organizzazione quasi maniacale, togliendo molto al potenziale – anche solo da meteora – di squadre come il Camerun ’90, la Nigeria ’94 ed il Senegal 2002. Lampi di classe prima di tornare nell’anonimato. Di riflesso anche ai “piani alti” non si vedono finali che possano fare la storia, nel 2006 la vincemmo ai rigori, quelle del 2010 e 2014 si sono risolte a pochi minuti dai tiri dal dischetto con invenzioni di fuoriclasse. Per la serie corsi e ricorsi, quattro anni fa la Spagna ebbe il ruolo della Germania ed Iniesta quello di Götze. E nel 1990 le Notti Magiche si chiusero con un successo per 1-0 tutto sommato immeritato – per quanto visto nella partita secca – della Germania sull’Argentina. Almeno stavolta l’invenzione è stata di Schürrle che ha visto l’unico corridoio libero, sei edizioni fa fu dell’arbitro Codesal che vide un contatto inesistente e regalò un rigore a Klinsmann, poi realizzato da Brehme. Il merito tedesco è stato nel coronare un percorso preciso iniziato dai mondiali di casa nel 2006 – è vero che anche nel 2002 arrivarono in finale, ma era l’ultimo graffio di un vecchio corso. Squadra multietnica con l’apporto di talenti turchi (Özil) o tunisini (Khedira), ma soprattutto mentalità che esula dallo schema “cross in mezzo e colpo di testa” proposto con molti trionfi ma poche varianti fino a che si è capito che la palla può anche viaggiare rasoterra, anzi. E così i titoli sono diventati quattro, agganciata l’Italia, Brasile nel mirino. La nuova sfida sarà cercare il back to back in Russia nel 2018, doppietta che non riesce dai tempi del Brasile di Pele nel 1958 e 1962. Ma per i tedeschi sognare non sarà proibito e i record sono pur sempre stabiliti per essere battuti. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 23/11/2024 00:02:49 |
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