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Si è conclusa a Torino lo scorso 14 Giugno, la Mostra di Ettore Spalletti “Un giorno così bianco, così bianco”. In un gioco di luce e di atmosfere, il bianco si aliena da sé diventando un contenitore di colori e quotidianità. Questo esperimento rappresenta il rapporto che l’artista ha con sé stesso, con la propria vocazione, con il proprio studio. Un legame che sopravvive vergine da ogni ritmo e da ogni lancetta. In questa mostra il bianco si trasforma nella luce del quotidiano, una luce morbida e calda nella quale i semplici colori pastello rosa, azzurro e grigio, che rappresentano a loro volta l’umore, il cielo e l’accoglienza, sguazzano creando vita. Obiettivo dell’opera è stato quello di catturare il ritmo della vita quotidiana e sigillarne i contorni permettendo all’osservatore di non fermarsi a una semplice tela azzurra ma di riuscire a vedere oltre di essa magari il mare, quasi riuscendo ad ascoltarne il suono, la risacca delle onde sulla riva, il vento sulla pelle e l’odore salino tra le narici, pur restando semplicemente in una stanza. In un contesto che sta a metà tra l’Eden e il mondo che noi oggi conosciamo, ecco che un’altra parete bianca partorisce una delle Opere per eccellenza: “Ragazzo morso da un Ramarro” di Michelangelo Merisi, noto a tutti come il Caravaggio. Ad essere ospitato dalla Galleria d’Arte Moderna torinese, è il primo affresco del noto pittore che ha come casa abituale la “Villa Il Tasso” di Firenze, sede della Fondazione Longhi. A destare attrattiva e curiosità in quest’opera è la storia che vuole raccontarci. Ad essere raffigurato è un giovinetto che con un’espressione che sta tra lo sgomento e il dolore, viene privato nel suo momento di serenità e piacere. Il passaggio dalla gioia alla sofferenza può essere repentino, inaspettato, esattamente come può coglierci la sorpresa in un momento di sconforto. La storia che vuole raccontarci quindi è quella che guarda con curiosità a questo rapporto costante tra gioia e dolore. Inoltre alcune teorie stimolano a pensare che il piacere richiamato dal Caravaggio sia proprio quello legato all’amore. Teoria confermata anche dalla scelta del soggetto, cioè un ragazzino dalle movenze femminili che rimanda ai festini amati dal cardinale Francesco Maria del Monte a Palazzo Madama nei quali erano presenti giovanotti vestiti con abiti drappeggianti. La rosa tra i capelli del giovinetto sarebbe un richiamo all’amore mentre il ramarro stesso potrebbe essere un espediente utilizzato dal pittore per un rimando alla sfera sessuale. Le interpretazioni che vivono intorno a questo quadro sono tante, ma di certo l’unico ad avere le risposte è lo stesso Caravaggio che ha creato un’opera che in realtà senza tempo non è. Il suo tempo ce l’ha ed è semplicemente quello che viviamo ogni giorno, perché temi come la sofferenza, il piacere, l’inaspettato e l’amore non posso che essere attuali e tracciano ogni giorno i contorni delle nostre vite; il modo in cui le vediamo e le viviamo invece, sono tutte schiave di un semplice e più volte richiamato gioco di luce. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 21/11/2024 16:44:53 |
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