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A volte sembra che il destino faccia di tutto perché una storia non sia banale, per quanto si parli di calcio. Un’ossessione: questo era diventata per il Real Madrid la conquista della decima fra Champions League e Coppa dei Campioni, la decima stella, prima squadra ad andare in doppia cifra, prima città europea insieme a Milano per numero di trofei vinti, con la differenza che nel capoluogo lombardo sia Milan (7 volte) che Inter (tre) sono state sul tetto d’Europa. Ed era dal 2002, dal successo per 2-1 sul Bayer Leverkusen a Glasgow che questa ossessione tormentava tifosi, giocatori, dirigenti dei blancos. Gli scenari del destino, dicevamo. Prima di tutto l’avversario, l’altra squadra della capitale spagnola, l’Atletico fresco vincitore della Liga, il piccolo sfidante tutto cuore e muscoli - carattere preso dal tecnico Simeone - ma dalla tecnica infinitesimale se confrontata a campioni come Ronaldo, Benzema, Di Maria, Bale, il giocatore più costoso del mondo con i suoi 100 milioni di euro di cartellino. Per i colchoneros, i materassai in bianco rosso, già essere lì poteva bastare, il miracolo calcistico era compiuto. Potevano pensare anche di rovinare la festa a chi da oltre dieci anni fa investimenti massicci, spesso sbagliati, ancora più spesso sproporzionati, per arrivare ad un obiettivo preciso? Potevano, anzi ce l’avevano quasi fatta, contro ogni pronostico. Ma il destino se da una parte dà, dall’altra deve togliere. Quasi tutto il mondo calcistico non tifoso dei galacticos al 36’ avrà pensato all’unisono: “Godin ha segnato troppo presto”, paragonando il Real ad un cane che dorme, meglio non svegliarlo. E invece il tempo passa, il Real preme soprattutto nel secondo tempo ma l’Atletico resiste senza nemmeno troppi sforzi. Mezz’ora alla fine, quindici minuti, dieci, novantesimo. È ancora 1-0 per Davide contro Golia, metafora abusata da quando si conosce il nome delle finaliste. Fino al 93’, uno degli ultimi assalti per portare almeno ai supplementari la gara che in questa stagione sarà oscurata solo dalla finale di Coppa del Mondo in Brasile. Su calcio d’angolo Ramos, difensore che già aveva castigato a ripetizione il Bayern Monaco in semifinale, salta più in alto di tutti e angola la sfera dove nemmeno un portiere abile come Courtois può arrivare, all’angolo basso alla sua destra. Per l’Atletico un destino drammatico – calcisticamente parlando – condiviso a memoria con il Bayern Monaco, anche se ai bavaresi andò peggio per due volte. Nel 2012, nel proprio stadio con il Chelsea segnò Drogba e gli inglesi vinsero ai rigori, nel ’99 il Manchester United ne segnò addirittura due nel recupero, ribaltando una sconfitta ormai certa. Tutte segnature da corner. I supplementari sono stati una partita a se stante. Anzi, a dire il vero il primo è scivolato via senza particolari emozioni, poi in dieci minuti succede tutto. L’Atletico è ormai sciolto, paga gli sforzi fisici non solo della finale ma di una stagione tutta vissuta a 100 km/h e lo scotto mentale di essere raggiunti al 93’, con le mani ormai sulla coppa dalle grandi orecchie: taglierebbe le gambe a chiunque. Prima Bale dimostra che l’investimento ingente a qualcosa è valso e di testa deposita una respinta miracolosa di Courtois, poi Marcelo fa tre con un’incursione fra i birilli immobili perché stremati della difesa, Ronaldo chiude sul 4-1 con su rigore da lui stesso procurato. Poi ci sono le storie nelle storie, quelle personali. Iker Casillas, può alzare da capitano – c’era comunque nella vittoria del 2002 ma la fascia era di Hierro - l’ultimo trofeo di prestigio che gli mancava, dopo svariati festeggiamenti fra Campionati, Europei e Mondiali. Un’altra istantanea da aggiungere alla sua ricca bacheca. E pensare che era stato lui stesso a mettere a rischio la galleria di scatti, con un’uscita avventata che ha spalancato a Godin la via dell’1-0. Un senso di colpa cancellato al 93’ prima e definitivamente al 110’, tanto da ringraziare ossessivamente i compagni andati a rete per aver lavato via l’errore più grave della sua impeccabile carriera. Non una grande partita dal punto di vista tecnico, nessuno ha giocato come sa e come richiederebbe un palcoscenico tale e i dodici cartellini gialli fanno capire il livello di tensione. Ma non c’è stata noia, le emozioni non sono di certo mancate seppur concentrate in pochi minuti. Calcio spagnolo che esce rinforzato dopo le pesanti eliminazioni dodici mesi fa di Real e Barcellona ad opera delle tedesche Borussia Dortmund e Bayern Monaco, senza dimenticare la vittoria dell’Europa League del Siviglia appena dieci giorni fa. Il mondo calcistico che si appresta a vedere i Mondiali è avvisato. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 23/11/2024 00:02:39 |
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