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Non c’è pace nella Libia del dopo Gheddafi, nella giornata del 18 maggio una milizia armata ha assalito la sede del Parlamento di Tripoli. Il colonnello Mokhtar Fernana, presunto comandante della polizia militare, ha annunciato “la sospensione del Cng (Congresso Nazionale Generale, ndr)”. Lo scontro è stato la conseguenza di una crisi politica acuitasi negli ultimi mesi con l’alternanza di ben tre primi ministri. Il ministro della giustizia Asalah al Marghani conferma tuttavia che il governo è ancora in carica, nonostante deputati e dipendenti siano stati evacuati dall’Assemblea. Da giorni a Bengasi era in atto un conflitto fra i gruppi armati legati al generale a riposo Khalifa Haftar – accusato dal governo di essere fautore del golpe – e cellule islamiste stanziate nell’est petrolifero del paese. Ottanta morti e centinaia di feriti nel bilancio di una guerriglia che coinvolge jihadisti, ex ribelli e falangi tribali e paramilitari, ma dove ufficialmente non ci sarebbe la mano dell’esercito regolare. La tensione si è così spostata verso la capitale, contro le istituzioni giudicate incapaci di controllare e portare all’unità un paese troppo frammentato, per di più con un attuale premier, Ahmed Miitig, ritenuto troppo vicino agli ambienti fondamentalisti islamici. Il presidente del Cng Nouri Abou Sahmein attribuisce la responsabilità della situazione ad Haftar, altre fonti incolpano i miliziani della zona di Zintan - già protagonisti di un ultimatum al Parlamento ma a cui non erano seguite azioni effettive – in controllo dell’aeroporto di Tripoli e in possesso di un ostaggio importante come il figlio del Colonnello Gheddafi, Saif al-Islam. Altri ancora ritengono che sia un corso un sodalizio fra le truppe di Haftar e quelle di Zintan in funzione anti-estremismo islamico, particolarmente presente a Bengasi attraverso Ansar al-Sharia, secondo gli Stati Uniti affiliata alla rete qaedista. Il nemico comune, lo spauracchio del fondamentalismo, garantisce ad Haftar l’appoggio di frange dell’esercito, fornitore di armi e mezzi pesanti. Chiarissimo il messaggio del generale, che ha convinto diversi ufficiali e soldati ad associarsi al cosiddetto “Esercito nazionale libico”: “Non molleremo finché non avremo raggiunto i nostri obiettivi, difendere il popolo dai terroristi. Non voglio il potere, ho solo risposto agli appelli della popolazione stremata da tre anni di guerra”. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 23/11/2024 00:40:35 |
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