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Pensi al caffè e uno dei primi collegamenti è Napoli, anche per la sorta di “manifesto” alla bevanda in Questi fantasmi! di Eduardo De Filippo, stralcio non a caso usato per introdurre la guida alla mostra - aperta fino al 18 maggio al Complesso del Vittoriano - di Fausto Roma “Le terre del caffè”, affidata ad un personaggio d’eccezione come il critico d’arte Philippe Daverio. Ma l’abitudine tipicamente partenopea ha radici che affondano alla Germania di fine ‘600, esaltate dalla profana Cantata del caffè di Johann Sebastian Bach, scritta tra il 1732 ed il 1734. E nessuno ne rimase immune, un giornalista americano durante un’intervista a Karl Marx intorno al 1850 rimase sorpreso nel vedere un rivoluzionario di quel calibro rimanere tranquillo pur se incollato alla caffettiera tutta la notte. E poi c’è la ben più nota realtà dei caffè letterari, “crocevia europei di internazionalità assoluta”, spiega Daverio. “La realtà del caffè è trasversale, il contributo dell’Italia è stato correggerlo alla sambuca”, ci scherza su Daverio, “come all’opposto c’è la ‘mosca’ nella sambuca!”, a segnare quasi un legame indissolubile tra i due prodotti. Ed quel chicco è il filo conduttore delle opere di Fausto Roma, nel suo “tentativo di vedere ed immaginare il mondo senza andarci, rimanendo nel Lazio, pensando al Lazio come centro del globo in una cosmogonia che si risolve in se stessa”. Roma inventa così delle carte geografiche da una visuale satellitare, attraverso un percorso virtuale fra le terre da cui prendono origine i semi del caffè. “Nell’arte bisogna capire se un’idea è buona o almeno non inutile”, continua Daverio. “Poi c’è la messa in pratica, tantissimi ci provano, meno ci riescono. Perché molto è stato già fatto, perché si studia poco ma anche perché non ci sono più acquirenti per i quadri”. Ma di fondo permane un certo ottimismo, “attraverso il caffè Fausto Roma ci convince che l’arte ha ancora senso e che in Italia può risolvere diversi problemi”. “Ciò che ha sostenuto sempre il lavoro di Fausto Roma è la capacità di pensare strutturalmente, la sua astrazione è in un certo senso fatta di concretezza”, scrive il curatore dell’esposizione Claudio Strinati. “In lui c’è una tendenza molto forte alla costruzione della forma, della pura forma, ma questa tendenza è legata ad un afflato morale, al desiderio di dare un messaggio di energia. Tutto in lui è lieve, ben costruito e,come gli antichi, il maestro è ideatore e costruttore dei simboli che mette in scena”. |
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I commenti: | |||
Commento
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Commento di: emilia.urso | Ip:83.73.103.204 | Voto: 7 | Data 23/11/2024 00:00:43 |
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