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Le quota rosa sconvolgono il mondo femminile italiano

Le quota rosa sconvolgono il mondo femminile italiano
Autore: Teresa.Corrado
Data: 12/03/2014

Le quote rosa stanno sconvolgendo il mondo politico italiano, il mondo femminile, gli italiani e naturalmente le italiane. Nei giochi di potere per mettere in sicurezza chi governa il nostro grande paese, le quote rosa sembrano sconvolgere e sconvolgono i pensieri di chi è pro e chi invece e contro un’attuazione del genere.

L’emendamento non passa alla Camera e immediatamente le deputate si inalberano contro i colleghi maschi che hanno votato contro questa regole elettorale che garantisce alle donne, una percentuale della loro presenza all’interno di liste elettorali. Denigrante anche il metodo utilizzato per votare l’emendamento approvato attraverso il voto segreto. Ma i cittadini non hanno il diritto di sapere le convinzioni socio-politiche dei propri candidati?

Molte donne, si schierano per l’approvazione di questa regola che garantirebbe il loro ingresso nel mondo della politica. Quello che proprio non si riesce a comprendere, è che per entrare nel mondo della politica, per le donne, servano emendamenti come questi, che ne garantiscano la presenza. Quando la legge venne approvata la prima volta, ci fu un’esaltazione del mondo femminile, soprattutto di quello politico, che vedeva aprirsi uno spiraglio in quello che era, ma lo è ancora oggi, un mondo prettamente maschilista.

Per quanto se ne parli, in positivo o in negativo, dobbiamo ammettere che il quorum rosa, è un’arma a doppio taglio, che spesso fa a botte con le proprie convinzioni.

Se ci chiediamo come mai le donne debbano approvare e ricercare una legge che le garantisca parità politica, la risposta è semplice. L’Italia è una nazione patriarcale, fortemente sessista cominciando dai concetti sociali e culturali che la accompagnano. Le donne non hanno parità di salario, non possono aspirare a lavori di responsabilità perché a loro vengono preferite sempre figure maschili.

Per le donne italiane la figura predominante è quella della madre di famiglia che sta a casa, al massimo può fare l’insegnante o la donna delle pulizie, va bene anche l’infermiera e se comincia a ricercare lavori diversi, quelli di responsabilità difficilmente le vengono affidati. Inoltre la società italiana non è pronta a sostenere attivamente le donne che vogliono lavorare. Non le sostiene in casi di maternità, di figli piccoli, di strutture che dovrebbero essere presenti come Diritti e non favori concessi alle donne.

La politica rappresenta quel mondo che potrebbe cambiare in positivo la presenza delle donne in ruoli di potere e gestione della “res publica”, ma resta appannaggio di chi, invece, vuole continuare a mantenere lo stato delle cose sempre uguale.

Sicuramente accettare oggi, una legge che imponga alla politica di permettere alle donne di prendere parte alla vita politica, non è edificante per il genere femminile. Imporsi con delle regole, perché non siamo in grado di dare la giusta importanza e uguaglianza ad entrambi i sessi, è una sconfitta che l’Italia sta pagando a caro prezzo non solo nel mondo economico, ma anche in quello socio-culturale. Ma in fin dei conti è la realtà che abbiamo dinanzi, è quello che vediamo e che subiamo ogni giorno.

In Italia, non esiste meritocrazia, non esiste il rispetto della Costituzione che recita all’articolo 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso …” ma, se così fosse, vorrebbe dire che gli stipendi erogati non avrebbero differenza fra uomo e donna, che nelle scelte dei candidati non si dovrebbe guardare all’aspetto fisico ma a quello mentale. Pura illusione che vive da decenni nel nostro paese. Siamo bravi, anzi bravissimi a scrivere testi che inneggiano ai migliori propositi, come siamo così inetti nel metterli in pratica.

Ancora oggi, nel 2014, abbiamo bisogno di una legge che imponga le quote rosa nelle liste elettorali, come unico mezzo per permettere alle donne di farne parte, altrimenti non sarebbero prese in considerazione, mentre, nel nostro essere, continuiamo a essere considerate inferiori.

Una lotta tanto spietata che si consuma non solo nella distinzione dei sessi, ma che viene portata avanti anche tra le donne stesse. La cronaca più volte ci ha regalato una serie di commenti femminili, nei riguardi di altre donne politiche, che erano riuscite ad essere elette non per meriti, ma per favori. Sicuramente non siamo immuni dinanzi a queste verità, ma farne di tutta l’erba un fascio, è oltremodo vergognoso.

Ci sono donne che lavorano e lottano con la giusta condizione di causa per svolgere bene il proprio lavoro, che portano con sacrificio le proprie idee verso la realizzazione di obiettivi importanti per la società, ma mentre il tutto avviene in modo naturale nei paesi industrializzati, l’Italia resta legata ad un concetto sessista presente ancora con forza solo in quei paesi che vengono considerati del sottosviluppati o del terzo mondo e che in molti casi, come Rwanda, Cuba, Mozambico, Sud Africa offorno una presenza femminile altissima.

Studi rivelano anche che la presenza delle donne ai vertici di società, ne impediscono il fallimento, rendono la società migliore. E non sono studi da poco, ma legati alla sociologia e all’economia.

In poche parole, le donne italiane che per anni sono riuscite ad emergere all’interno della politica italiana, vedono nella bocciatura delle quota rosa, una reale possibilità di tornare indietro, di essere lasciate fuori dalla vita politica, non solo nazionale, ma soprattutto quella locale, dove è ancor più difficile riuscire a emergere in un mondo maschilista sempre più proteso a mantenere il proprio potere.

Resta una sconfitta sociale italiana, la necessità di difendersi con leggi specifiche che obblighino i cittadini alla realizzazione di un diritto costituzionale che, proclamato nel 1947, non è riuscito a realizzarsi oggi, che siamo arrivati nel terzo millennio. Ma resta un’esigenza presente anche in altri stati, dove il termine non è “quote rosa”, ma “quote di genere” e grazie ad esse le donne possono entrare a far parte della vita politica di altri stati.




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