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Simonetta Cesaroni: il delitto di Via Poma 23 anni dopo

Simonetta Cesaroni: il delitto di Via Poma 23 anni dopo
Autore: Gaia La Pietra - Redazione Cronaca
Data: 27/02/2014

 

CSI, cold case, senza traccia e chi più ne ha più ne metta. Chi non si è imbattuto, almeno una volta, in questi telefilm in cui mostrano e tecniche di investigazione all’avanguardia, in cui analizzano ogni minimo granello di polvere, in cui anche ad anni di distanza riescono a risolvere casi e analizzare prove che non si sono deteriorate e che presentano tante di quelle informazione che neanche il testamento del colpevole potrebbe dare.

E poi ti accorgi che vivi in Italia e non a New York o a Philadelphia, e che i nostri detective non si chiamano Gil Grissom o Lilly Rush e che dopo 23 anni dall’accaduto l’unico indagato nell’omicidio di Simonetta Cesaroni è stato assolto.

Infatti la cassazione ha confermato il verdetto di non colpevolezza già sancito dal processo di secondo grado per Raniero Busco che all’epoca dei fatti era il fidanzato della vittima.

L’unico dato di fatto della storia è che il pomeriggio del 7 agosto 1990 in un appartamento di via Poma a Roma Simonetta Cesaroni è stata brutalmente uccisa con 29 coltellate inflitte con un tagliacarte. Nessuno ha visto o sentito niente. Chiunque sia stato è entrato e uscito indisturbato.

Come già detto sono passati 23 anni, di ipotesi, tentativi, insabbiamenti, prove nuove e altre smentite, insomma nulla di fatto. Si è spaziato dalla Banda della Magliana, alla follia di un ipotetico utente di video chat che l’aveva adescata, dal coinvolgimento del Vaticano ai servizi segreti preoccupati dalla scoperta da parte della vittima di documenti compromettenti.

Sono stati fatti nomi, dal portiere dello stabile al vicino di casa, sono stati proposti moventi, dal delitto passionale al delitto casuale della serie “posto sbagliato nel momento sbagliato”.  Insomma tutta una serie di voli pindarici che si sono dimostrati inconcludenti.

E in questo teatrino mediatico sono gli avvocati a tirare i fili del gioco. Hanno in mano tutto e niente. Ogni prova e testimonianza è dimostrabile e confutabile. Tutti hanno ragione e tutti hanno torto. Maggiore è la destrezza del legale maggiori saranno le possibilità di cavarsela con una stretta di mano.

Evidentemente tutti gli imputati hanno avuto questa fortuna e l’ultimo capitolo di questa reale opera teatrale si è conclusa ieri con la definitiva chiusura del sipario sull’unico indagato.  

E allora la domanda sorge spontanea: che cosa è stato fatto e soprattutto chi ha sbagliato? Perché in questa storia i colpevoli sono più di uno. Il primo è colui che l’atto l’ha commesso e l’altro è colui che doveva fare il suo lavoro e non lo ha fatto, colui che doveva indagare e invece è stato fuorviato da qualcuno o qualcosa. Il secondo è importante tanto quanto il primo, colpevole di superficialità e incompetenza.

La conclusione è che la vita non è un telefilm e che di casi come questo ne è piena la cronaca. Nessun colpevole solo una vittima che presto cadrà nel dimenticatoi e avanti il prossimo.

 

 

 

 




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