Le parole di Michael Nichols, fotografo, svettano alte sulla parete. Le leggo e penso che è proprio vero, non c'è niente di più presente della paura. Paura di non farcela, di non essere all'altezza, paura dell'ignoto, della solitudine, del pericolo. Ma anche (e forse è la paura più potente di tutte), paura di vivere una vita piatta, monotona, senza slanci. E' proprio questa che ha spinto tanti uomini e tante donne a mollare tutto e partire per la propria personale avventura.
Di avventure, National Geographic se ne intende. E' da 125 anni che la Society incanta il mondo con immagini e storie di paesi lontani, culture sconosciute, luoghi incantati. Era il 13 gennaio 1888 quando trentatré esponenti dell'élite intellettuale di Washington fondarono la National Geographic Society. Alla prima riunione, tenutasi qualche settimana dopo, i trentatré erano diventati centosessantacinque.
Oggi, i 125 anni sono celebrati con 125 fotografie. Il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospiterà fino al 2 marzo la mostra National Geographic; La grande avventura. Visitandola, sarà proprio questo che avrete la sensazione di vivere: una grande avventura.
Girerete il mondo e vedrete meraviglie. Esplorerete gli abissi a 366 metri di profondità insieme a Sylvia Earle, che nel 1979 divenne il primo essere umano (essere umano, non donna) a camminare ad una tale profondità e ad Al Giddins, il fotografo che immortalò il momento.
Sarete al cospetto di una sposa zulu di fine Ottocento, e di una giovanissima mamma filippina e del suo bimbo ritratti da Harriet Chalmers Adams nel 1917.
Vi troverete in un bazar afghano del 1931 dove, con grande sorpresa del fotografo Maynard Owen Williams, nessun uomo presente chiuse gli occhi durante lo scatto. Vedrete un Colosseo di quarantacinque anni fa, imponente e maestoso come oggi e circondato dal solito traffico di automobili.
Salirete a bordo di un Lockeed TriStar del 1977, durante un volo per i test di sicurezza.
Vi commuoverete, come forse sarà successo a Hugo Van Lawick nel 1964, di fronte al tenero gesto tra la primatologa Jane Goodall e Flint, cucciolo di scimpanzé. Riposerete le gambe in Alabama insieme a Peter Jenkins, durante la sua traversata a piedi degli States nel 1974.
Ed ammirerete la natura selvaggia del Gabon accanto a Michael Fay, ecologo impegnato in una spedizione di 3200 kilometri attraverso l'Africa.
Scalerete immensi cristalli di selenite, al cui confronto sarete grandi come formiche, nelle profondità della terra sotto il Deserto messicano del Chihuahua.
Vi getterete in caduta libera da un'altezza di 30.000 metri insieme a Joe Kittinger, o rimarrete sicuri a guardare dal pallone insieme a Volmark Wentzel e alla sua macchina fotografica.
Sfiorerete la prua del Titanic, sul fondo dell'Atlantico Settentrionale insieme ad Emory Kristof, e farete compagnia a James Cameron nel suo Deepsea Challenger, con il quale si è inabissato ad 11.000 metri sotto il livello del mare.
Non vi basta? Potrete ammirare i miracoli della natura, come il colibrì immortalato da Christian Ziegler a Panama, nel 2008, o il cucciolo di leone che si appoggia teneramente alla madre in Tanzania.
Tremerete di fronte all'immensa bocca dello squalo bianco che esce dalla superficie dell'acqua al largo del Sudafrica, o andando incontro al tornado che nel 2003 si abbatté sul South Dakota.
Pregherete sulle rovine di una chiesa rasa al suolo dal terremoto di Haiti del 2010 o raccoglierete campioni di lava durante l'eruzione dell'Etna del 2001.
Assisterete ad eventi storici come il lancio dell'Apollo 11 dal Kennedy Space Center il 16 luglio 1969, o vivrete momenti intimi come il sonno di Isha, di otto mesi, mentre dorme con la madre e la sorella sotto una tenda a qualche kilometro da Timbuctù.
Ed infine, rimarrete incantati dallo sguardo indecifrabile e calamitante di Sharbat Gula, la ragazza afgana dagli occhi verdi ritratta nel 1984 da Steve McCurry, che l'avrebbe resa la sconosciuta più famosa del mondo.
Alla fine, dopo aver visto queste ed altre meraviglie, uscirete tra i rumori del centro di Roma e, forse, vi prenderà la stessa strana sensazione che ho avvertito io: un'eccitazione, all'idea che al mondo c'è così tanto da vedere, disturbata da una sorta di disagio mentre pensi che quel "tanto", tu l'hai visto di riflesso. Sono stati altri i piedi che hanno calcato quelle terre, altri gli occhi che hanno immortalato tutta quella vita sparsa di qua e di là. Forse è paura di non avere mai il coraggio di vedere così a fondo questo pianeta, o forse è solo ansia e voglia d'ignoto, di avventura. Per placarla, avete solo due possibilità: o visitare tutte le mostre esistenti di fotografia ed ogni volta tenersi questa sensazione, oppure preparare lo zaino, prendere la macchina fotografica e partire.
Quale idea vi fa più paura?